IL GIGLIO DI MONDONIO
SAN DOMENICO SAVIO
DON GIUSEPPE TOMASELLI - La Grafica Editoriale - Messina
Visto per la Congregazione Salesiana
Catania,
13-1-1950
Sac.
Secondo Manione
IMPRIMATUR
Can.
Joseph Carciotto, Vic. Gen.
Catanae,
2-2-1950
Per
richiedere i libri scrivere a:
OPERA
CARITATIVA SALESIANA DON GIUSEPPE TOMASELLI - Viale Regina Margherita 27 - 98121
MESSINA - offerta libera - CCP. n. 12047981
Da
Torino mi recai in macchina a Mon-donio, per visitare l'abitazione di San
Domenico Savio. Graziosa la borgatina, si-ta sopra una collinetta! La prima
casa, entrando in Mondonio, è quella del «Ra-gazzo Santo »; a pochi passi si
erge il monumento dell'Angelico Giovane. Con quanta fede pregai in ginocchio
nella cameretta, ove il Savio morì, anzi sul posto stesso ove emise l'ultimo
respi-ro, essendoci alla parete una piccola la-pide che dice: «Qui moriva
Domenico Savio, il 9 marzo 1857». Da anni l'ho scelto a mio Patrono par-ticolare
e con questo umile scritto inten-do rendergli un tributo di amore e di ri-conoscenza.
Benedica Egli queste pagine, affinché apportino molta luce alle ani-me!
Essere grande.... od almeno apparire qualche cosa di grande... ecco l'aspira-zione del cuore umano.
La
grandezza davanti agli uomini è soltanto un po' di fumo passeggero. Ma l'uomo,
dominato dall'amor proprio, cor-re dietro al fumo, contento se riesce a
riscuotere un applauso o a far parlare di sé in qualche giornale.
I
giovani, pieni di vita e di entusiasmo, sognano ad occhi aperti! - Andrò a far
parte di una compagnia cinematografi-ca! Sarò ammirato su mille schermi!...
Vorrò divenire il primo giocatore di cal-cio! Quanta gloria a vincere in una
par-tita internazionale! I giornali parleran-no di me! Il mio ritratto. sarà
idolatra-to!... Sarò un generale!... Il mio sogno è andare al Parlamento!...
-
Anche
quando tali sogni divenissero realtà, ci sarebbe la disillusione; la glo-ria
umana è di breve durata, è mista a lotte e gelosie ed il nome del più grande
uomo è oscurato dal tempo.
La
vera grandezza, è ben diversa: non cercare altro che la gloria del Creatore,
nascondersi agli occhi degli uomini ed aspirare di continuo ai beni celesti.
Questa
grandezza scelse Domenico Sa-vìo e trovò la vera gloria: gloria nel Pa-radiso
ed anche sulla terra. E' passato più di un secolo dalla sua dipartita da questo
mondo e, mentre personaggi illu-stri nel campo letterario, scientifico ed
artistico sono lasciati nell'oblio, l'Ange-lïco Giovane è andato sempre più
risplen-dendo di nuova luce. Il suo nome corre da bocca in bocca, giornali e
periodici ne tessono le lodi, milioni di fedeli lo invo-cano quale intercessore
presso Dio e lo stesso Vicario di Cristo, somma autorità, s'inginocchia davanti
alle sue spoglie e lo prega.
Domenico Savio, giovanetto di quin-dici anni, nato in una sperduta borgata del Piemonte, a Riva di Chieri, figlio di un povero fabbro ferraio, è passato alla storia quale illustre personaggio e la sua memoria nel corso dei secoli sarà in be-nedizione, avendo lasciato a tutti, e spe-cialmente alla gioventù, l'esempio del-l'eroismo nella pratica delle virtù cri-stiane.
LA
PROVVIDENZA
- Tutto è provvidenziale nel mon-do! - esclamò Pio XI, avendo avuto tra le
mani lo scritto « Storia di un'anima ».
Anche
nella vita del nostro Santo tut-to è provvidenziale, non escluso il nome ed il
cognome.
La
Chiesa prescrive che nel Battesimo s'imponga al neonato il nome di un San-to,
affinchè la novella creatura abbia un Protettore particolare. Al nostro Santo
fu dato il nome di Domenico, in onore del Santo di Guzman, e da questo patro-no
ereditò lo zelo, la purezza ed il gran-de amore a Maria Santissima.
Quanti
portano il nome di celebri San-ti e non si danno premura di conoscerne la vita
o d'invocarli! Il piccolo Domeni-co amava il Santo di cui portava il no-me, ne
apprezzava le virtù ed ogni mar-tedi andava a comunicarsi in suo onore. Oh, se
tutti facessero così, quanto van-taggio morale se ne ritrarrebbe! Quanti libri
si sogliono leggere oggi! Ma chi leg-ge la vita del Santo, di cui si porta il
no-me? Chi pensa a comunicarsi in suo ono-re, non dico ogni settimana od ogni
me-se, ma almeno una volta l'anno?...
Il
cognome « Savio » corrispose esat-tamente al programma della sua vita.
Domenico fu « savio» o saggio, in tutto. Era giovane di età, ma assennato
come uomo maturo; nella sua saggezza com-prese il valore dei beni spirituali e
di-sprezzando le cose terrene, ad altro non aspirò che alla santità.
UN
ESEMPIO - Dal mattino si
presagisce il buon gior-no; la pianticella vegeta, dal fusticino diritto e
ricco di linfa, è buon augurio di fiori e di frutti. Così fu di Domenico Sa-vio.
Sin da piccolo poteva scorgersi in lui il « Santino», dotato com'era d'indole
mite e pia. I genitori si accorsero della preziosità del loro figlioletto e si
diedero premura di educarlo cristianamente, con la parola e con l'esempio.
Padre
e madre sono i primi e veri mae-stri dei figliuoli; e se oggi la gioventù cor-re
alla perdizione, la prima colpa è da attribuirsi ai genitori. Ecco un episodio,
comprovante la triste verità.
Un
giovanotto, con le mani in tasca, te-neva gli occhi puntati biecamente sulla
madre. - Figlio mio, dammi il denaro del tuo mensile! - No! - Perché lo vuoi
sprecare? A casa mancano tante cose! - Non vi do una lira! - Ma sempre dispia-ceri
vuoi darmi? (E giù parolacce con-tro il figlio!). Ne approfitti perché sei più
forte di me! Ma, andrò a denunziarti! - Non ho paura! - Ma tu sei mio figlio e
devi ubbidire a me, tua madre! Tu mi devi tanto, per quello che ho fatto per te
sin da piccolo! - Io non vi devo niente! -
Un
uomo giudizioso, che assisteva alla scena, esclamó: Signora, vostro figlio non
vi deve niente! Ha ragione! Poiché così giovane vi risponde in tal modo,
signifi-ca che voi non l'avete saputo educare da piccolo! E quando una madre
viene me-no a questo supremo dovere, è causa del-la rovina dei figli. Che
cosa volete che vi debba oggi vostro figlio?... -
La
mamma di Domenico Savio, donna di pietà e di virtù, seppe trasfondere nel-l'animo
del suo bimbo il timore di Dio, l'amore alla preghiera, il rispetto ai ge-nitori
e la fede nell'operare. Il figlio cor-rispose alle cure materne e si attirò le
benedizioni di Dio.
BIMBO
PRECOCE
- La casetta era povera, ma serena. Se-duta presso la soglia, stanca del
lavoro, stava la madre a trastullarsi col suo bimbo.
-
Tesoro mio, vedi questa immagine? Rappresenta Gesù e la sua Mamma. Noi non li
vediamo personalmente, ma loro ci vedono; e se li preghiamo, ascoltano con
piacere la nostra preghiera. Recitia-mo assieme il Padre Nostro, l'Ave Maria,
il Credo! -
Domenico
contava tre anni e, fornito di buona intelligenza e di felice memo-ria, in poco
tempo imparò le preghiere principali.
- Mamma, insegnami altre cose! - Sì, figlio mio! - E insegnò le orazioni del mattino e della sera.
-
Appena svegliato al mattino, rivol-giti a Gesù e alla Madonna; così pure devi
fare ogni sera. Quando sei a letto, pensa che c'è un Angelo che ti assiste e
raccomandati a lui. Prima di metterti a tavola, recita anche la preghiera; gli
ani-mali mangiano e non pregano; ma noi sì! -
Domenico
pendeva dal labbro mater-no; le parole della genitrice restavano impresse nella
sua mente vergine e s'im-primevano anche nel cuore. A quattro anni aveva già
ben apprese le preghiere del mattino e della sera, di prima e dopo il cibo e la
preghiera dell'Angelus.
Non
occorreva più che la mamma gli dicesse: Hai recitate le orazioni? - Fe-dele
alle preghiere giornaliere, voleva che gli gli altri facessero altrettanto ed
accorgendosi di qualche dimenticanza, subito lo ricordava: Mamma, non senti che
suona la campana dell'Angelus?... Babbo, ci siamo messi a tavola; ma an-cora
non abbiamo invocato la benedizio-ne di Dio. Diciamo la preghiera! -
PERCHE'
FAI COSI'?
- Una sera si bussò alla porta; entrò un forestiero, amico di famiglia. Poiché
l'o-spitalità è un atto squisito di carità, si mise a disposizione del nuovo
arrivato quanto di meglio si aveva. Si preparó una discreta cena e tutti si
posero a ta-vola. Anche Domenico prese il suo posto. Era piccolo di anni, ma
osservava silen-zioso i movimenti del forestiero e pen-sava. O per cattiva
abitudine o per la stanchezza o per la veemenza dell'appe-tito, il fatto è che
l'ospite cominciò a mangiare senza fare alcun segno reli-gioso.
Domenico
se ne accorse e si rattristò - Avvisarlo? E se si offenderà? Eppure, bisogna
fargli capire che non bisogna mangiare così. -
Il
grazioso bambino stava sulle spine; ad un tratto si alzò, chinó il capo e si
al-lontanò, in un cantuccio, silenzioso ed afflitto.
La
mamma si meravigliò di quest'atto ed andò a dirgli: Perchè fai cosi?... Che
cosa ne dirà questo forestiero? - Mam-ma, le bestie mangiano senza pregare; io
non voglio stare a tavola con uno che mangia come le bestie!... Non ha fatto
neppure il segno della Croce! -
Quale
lezione sa dare un bambino di cinque anni!
PARLO
A GESU'!
- Ma dove sarà andato il mio Dome-nico? Poco fa mi era vicino, dinanzi a
questa soglia! Che si sia allontanato da casa? Non credo, perché mi avrebbe av-visata.
-
La
donna rientro in casa; tutto era si-lenzioso... - Dove sarà andato? - Su-bito
si accorse che Domenico era in un angolo della stanza; lo vide inginocchia-to,
con le manine giunte e gli occhi bas-si. - Figlio mio, cosa fai? - Parlo a Ge-sù
ed alla Madonna! Recito le preghie-re! -
La
mamma non lo disturbò; quando non lo vedeva vicino a sé, era sicura che stava
nel solito cantuccio a pregare.
Quale
gioia per una madre avere un simile angioletto in casa!
CONTEGNO
IN CHIESA
- Perla del cuore, quando sarai gran-detto, riceverai Gesù! Prima però devi
prepararti alla Santa Comunione; pro-cura di essere sempre buono, così Gesù
sarà contento quando verrà nel tuo cuo-re. Egli, Gesù Sacramentato, sta
sempre in Chiesa nel Tabernacolo. Gli facciamo piacere allorchè lo visitiamo,
oppure as-sistiamo alla Santa Messa.
Domenico
cominciava ad ardere dal desiderio di ricevere Gesù e sognava quel giorno
beato. Intanto la mamma lo ac-compagnava spesso alla Chiesa e gli rac-comandava
di starvi bene e di pregare molto. Il bimbo faceva tesoro di questi consigli e
si comportava così bene che i fedeli lo contemplavano ammirati. Do-menico era
sereno nel volto, composto nella persona e devoto nel suo atteggia-mento.
LA'...
C'E' GESU'!
- Mamma, andiamo in Chiesa a tro-vare Gesù! Ascoltiamo la Messa!
-
Figlio mio, oggi non posso lasciare la casa.
-
Ed allora ci vado da solo. Ho cinque anni, ma conosco la strada. -
Intanto la Chiesa era chiusa. Domeni-co non perdette il tempo. S'inginocchiò dietro la porta, congiunse le mani e pre-gò, in attesa che il sacrista aprisse.
Giunsero
altri ragazzi e cominciò lo schiamazzo sul piazzale della Chiesa. Uno di loro
si avvicinò a Domenico - Che cosa stai a fare in ginocchio? - Pre-go! - E non
vedi che è piovuto e spor-chi i calzoni? - Non importa! Dentro la Chiesa c'è
Gesù! - Vieni a giocare con noi! - No, non posso! -
Frattanto
arrivò il Cappellano. Davan-ti a questa scena il pio Sacerdote si com-mosse e
domandò: Chi è questo bambi-no? - E' il figliuolo di Carlo Savio, il fabbro
ferraio! - Fortunato genitore!
MA
IO CI RIESCO!
- Reverendo, vorrei servire la Messa! - Sei troppo piccolo! A cinque anni non
puoi sostenere il messale. - Ma io ci riesco! - Allora dovresti imparare le
risposte della Messa,! - Le so già a me-moria. - Beh, proviamo! -
Com'era grazioso Domenico al servizio dell'altare! Siccome era piccolo di statu-ra, non poteva trasportare sempre como-damente il messale; ed era curioso il ve-derlo avvicinare ansioso all'altare, levar-si sulle punte dei piedi, tendere quanto poteva le braccia e fare ogni sforzo per toccare il leggio. Se il Sacerdote o qual-che altro avesse voluto fargli cosa gra-ditissima, avrebbe dovuto non trasporta-re il messale, ma avvicinargli il leggio tanto che potesse prenderlo ed allora e-gli con gioia lo portava all'altro lato del-l'altare.
PREPARAZIONE
EDIFICANTE
- Dice San Giovanni Bosco: A chi deve fare la Prima Comunione, vorrei dare co-me
modello Domenico Savio. Ma racco-mando quanto so e posso ai padri, alle madri
di famiglia e a tutti quelli che e-sercitano qualche autorità sulla gioven-tù,
di dare la più grande importanza a quest'atto religioso. Siate persuasi che la
Prima Comunione ben fatta, pone un so-lido fondamento morale per tutta la vi-ta.
-
Domenico
Savio era convinto dell'im-portanza di prepararsi bene a ricevere per la prima
volta il Re dei Cieli. Tale preparazione faceva consistere nell'evita-re le
mancanze volontarie, nelle preghie-re più assidue, nell'intervenire puntual-mente
all'istruzione catechistica e più che tutto nella frequenza alla Santa Con-fessione.
Egli
sapeva bene che il Sacramento della Penitenza si può ricevere anche pri-ma di
essere ammessi alla Comunione; perciò andava spesso a confessarsi, per rendere
l'anima sua sempre più bella. Al tempo del nostro Santo comune-mente si
ritardava la Prima Comunione sino agli undici o dodici anni compiuti. Povero
Domenico! Aspettare ancora quattro o cinque anni per ricevere Gesù! Il suo
Cappellano non intendeva pro-muoverlo alla Prima Comunione. - E' troppo
piccolo! - diceva.
Intanto
Domenico pregava Iddio e spesso si rivolgeva al Cappellano: Mi dia Gesù! Sono
preparato! M'interroghi su qualunque cosa! -
Il
Sacerdote davanti al vivo desiderio del ragazzino, scorgendo in lui qualche cosa
di particolare, volle chiedere consi-glio ad altri Reverendi.
-
Credete voi che si possa ammettere alla Prima Comunione Domenico Savio? - Ogni
regola ha la sua eccezione, gli fu risposto. Ha sette anni, ma sembra un uomo
maturo. E' ben preparato. Perché farlo aspettare? -
Il
Cappellano si convinse e diede la lieta notizia all'interessato. E' difficile
espri-mere gli affetti di santa gioia, di cui fu ripieno il cuore di Domenico.
Egli corse a casa e diede l'annunzio alla mamma; ora pregava, ora leggeva;
passava molto tempo in Chiesa e pareva che l'anima sua abitasse già con gli
Angeli del Cielo.
MAMMA...
PERDONAMI!
- Domenico aveva finito di pregare; rac-colto e come assorto in un forte
pensiero si avvicinò alla genitrice:
-
Mamma, domani andrò a ricevere la Prima Comunione.
-
Bene, figlio mio! Io pure sono tanto contenta.
-
Mamma, ma tu perdonami tutti i dispiaceri che ti ho dato per il passato... Ti
prometto che per l'avvenire io sarò molto più buono; sarò più attento a scuo-la
e più obbediente. -
Detto
ciò, si commosse e ruppe in pian-to. La madre, che non aveva ricevuto dal
figlio che consolazioni, si commosse pu-re ed a stento poté frenare le
lacrime; gli disse per consolarlo:
Va' pure tranquillo, caro Domenico, che tutto è perdonato; prega Iddio che ti conservi sempre buono; pregalo anche per me e per tuo padre!
-
Sì, mamma, lo farò con tutto il cuo-re! Dirò a Gesù tante e tante cose!...
-
INCONTRO
AMOROSO
- Quella notte sembrava più lunga del-le altre.
-
Mamma, è tempo di alzarmi?
- Ancora no; aspettiamo il giorno! - Di buon mattino Domenico indossò gli abiti più belli e subito si avviò alla Chie-sa... che trovò chiusa.
Come
al solito, s'inginocchió sulla so-glia del Tempio e iniziò la preghiera.
Quando fu aperta la porta, fu il primo ad entrare e l'ultimo ad uscirne, stando
là cinque ore.
Solenne
la funzione! I parenti dei co-municanti seguivano con interesse lo svolgimento
della sacra funzione e par-tecipavano alla gioia dei fortunati fan-ciulli.
Anche i genitori di Domenico era-no là; il loro figlioletto si distingueva fra
tutti per il contegno devoto.
Il
Sacerdote diede l'Ostia Santa al Sa-vio e questi ritornò al posto nel massimo
raccoglimento. Che cosa sia passato tra Gesù e Domenico in quegl'istanti, è più
facile immaginarlo che descriverlo! Il primo incontro del Creatore con la crea-tura!
Momento sublime! Santa Teresina nel primo incontro con il Re d'amore piangeva di
commozione. Santa Gemma Galgani avverti come un vivo fuoco nel petto e fu
costretta a dire alle compagne vicine: Ma io mi sento bruciare! E voi pure? -
Guido di Fontgallant senti la voce di Gesù: Guido, preparati! Fra un anno
morrai e ti porterò in Cielo! -
E
Domenico Savio che cosa provò appena ricevuto Gesù? Che cosa gli avrà
comunicato il suo Dio? Certamente Ge-sù avrà fatto sentire a quel cuore inno-cente
la sua reale presenza, con l'effluvio del suo amore e delle sue grazie. Dome-nico
rimase assorto in Dio per più di un'ora; aveva tante cose da domandare a Gesù
e tante promesse da fare; la più pura gioia lo aveva pervaso, tanto che
parecchi anni dopo, parlando della sua Prima Comunione, gli si vedeva trasparire
sul volto la più viva gioia. - Oh, so-leva dire, quello fu per me il più bel
gior-no ed un grande giorno! -
A
TAVOLINO - E' costume fare
dei regali ai ragazzetti che per la prima volta si sono comunica-ti; corre però
pericolo che taluni diano più importanza ai regali anziché al frut-to della
Comunione. Domenico non pen-sava ai doni; era intento più allo spirito che
alle cose terrene e stabili di scrivere subito i proponimenti, per conservare il
frutto della Prima Comunione.
Con
la serietà di un giovane formato, giunto a casa si pose a tavolino. Dopo avere
riflettuto, scrisse quanto segue: «Ricordi fatti da me, Savio Domenico, l'anno
1849, quando feci la Prima Comu-nione, essendo di sette anni: « 1) Mi
confesserò molto sovente e fa-rò la Comunione tutte le volte che il
Confessore mi darà licenza.
2)
Voglio santificare i giorni festivi. 3) I miei amici saranno Gesù e Maria. 4)
La morte, ma non peccati ». Questi ricordi, che spesso ripeteva, fu-rono la
guida delle sue azioni sino alla fine della vita; li conserverò gelosamente in
un libro di devozione e così poteva ri-leggerli sovente.
DUE
SANTI SI INCONTRANO - Era il
primo lunedi di ottobre del 1854, di buon mattino, e da Mondonio partiva-no per
Murialdo padre e figlio. Il povero fabbro aveva lasciato quel giorno il la-voro,
per provvedere all'avvenire del fi-gliuolo; pensava lungo la via all'incontro
che lo attendeva ed alla maniera di com-portarsi nel discorso. Incontrarsi con
Don Bosco, col Sacerdote stimato Santo! Pre-sentargli il figlio per farlo
ricoverare nel-l'Oratorio di Torino!...
Intanto,
pur camminando, Domenico pregava: Vergine Santa, che tutto va-da bene! O
Signore, assistetemi voi! -
Don
Bosco aspettava a Murialdo, preavvisato da Don Cugliero, e, quale profondo
conoscitore dell'animo giovani-le, appena poté vedere e parlare col Sa-vio,
ne riconobbe subito il valore.
Il
fanciullo si presentò con volto ilare e con aria ridente, ma rispettosa.
-
Chi sei, gli chiese Don Bosco, e don-de vieni?
-
Io sono Savio Domenico, di cui le ha parlato Don Cugliero, mio maestro, e vengo
da Mondonio.
-
Che studi hai fatto?
-
Ho compiuto le prime scuole presso il Cappellano di campagna, Don Giovanni
Zucca. Per proseguire il mio studio, sono andato alla scuola municipale di
Castel-nuovo d'Asti. Ho dovuto fare ogni giorno sei miglia di strada a piedi, o
sotto il so-le o socio la pioggia. Un tale una volta mi disse: Ma non ti è
penoso fare tanta strada? - Gli risposi che quando si la-vora per un Padrone
quale è Iddio, nien-te riesce pesante.
-
E quale è stata, soggiunse Don Bo-sco, la tua condotta in questo frattempo? -
Ho procurato di non dispiacere al Signore. Ho fuggito sempre i cattivi com-pagni
ed ho cercato il mio sollievo nello studio e più che tutto nella frequenza ai
Sacramenti. -
Don
Bosco scorse in Domenico un ani-mo tutto secondo lo spirito del Signore e
rimase non poco meravigliato a consi-derare il lavorìo che la grazia divina
ave-va già operato in così tenero fanciullo.
-
Ebbene, continuò Domenico, che cosa gliene pare? Mi condurrà a Torino per
studiare?
-
Eh! Mi pare che ci sia buona stoffa!
-
A che può servire questa stoffa? - A fare un bell'abito da regalare al Signore.
-
Dunque, io sono la stoffa; lei ne sia il sarto. Mi prenda con lei e farà un bel-l'abito
al Signore.
-
Io temo che la tua gracilità non reg-ga allo studio.
-
Non tema questo! Quel Signore che mi ha dato sinora sanità e grazia, mi aiu-terà
anche in avvenire.
-
Ma quando tu avrai terminato lo studio del latino, che cosa vorrai fare?
-
Se il Signore mi concederà tanta grazia, desidero ardentemente abbrac-ciare lo
stato ecclesiastico.
-
Bene! Ora voglio provare se hai ba-stante capacità per lo studio. Prendi que-sto
libretto di Letture Cattoliche; oggi studia questa pagina e domani ritorne-rai
per recitarmela. Ora pensa a trastul-larti un poco, mentre io parlo a tuo pa-dre.
-
Domenico
invece di trastullarsi, comin-ciò a studiare e, passati non più di otto
minuti, si presentò sorridente a Don Bo-sco: Se vuole, recito adesso la mia
pagina.
-
Cosi presto l'hai studiata? Sentia-mo! -
Aveva
imparato quella pagina quasi letteralmente e ne comprendeva benis-simo il
senso.
-
Bravo! - esclamò Don Bosco; tu hai anticipato lo studio della tua lezione ed io
anticipo la risposta. Sì, ti condurrò a Torino e sin d'ora sei annoverato tra
i miei figliuoli; comincia anche tu sin da ora a pregare Iddio, affinché aiuti
me e te a fare la sua santa volontà. -
Domenico
era commosso e non sapen-do come esprimere la sua gioia e la gra-titudine,
prese la mano di Don Bosco, la strinse, la baciò ripetutamente e poi dis-se:
Spero di regolarmi in modo che non abbia mai a lamentarsi della mia con-dotta.
- E così fu!
Provvidenza
divina! Un Santo incon-tra un altro Santo! L'uno, povero pasto-rello...
l'altro, figlio di un povero fabbro. Ma Iddio che si serve degli esseri .umili
per compiere opere grandi, Egli che re-siste ai superbi e dà la sua grazia
agli umili... ha voluto innalzare ai più grandi fasti.della sua Chiesa dapprima
il Mae-stro e poi il Discepolo!
-
Beati i puri di cuore, perché essi ve-dranno Dio! - Così insegnò Gesù Cri-sto.
I puri vedranno Dio eternamente in Cielo e lo vedono e lo godono anche in terra,
perché nessuna virtù morale tan-to avvicina a Dio, Purissìmo Spirito, quanto
la purezza.
Ecco
il grande comando dato dal Crea-tore alla creatura: Portare il massimo ri-spetto
al proprio corpo e all'altrui, cu-stodire gli sguardi, i pensieri e gli affetti
del cuore; evitare tutto ciò che possa of-fendere la purezza, a costo di
qualunque sacrificio.
-
Se il tuo occhio, dice Gesù, o la tua mano o il tuo piede, ti è motivo di pec-cato,
tronca questo membro. E' meglio per te andare in Paradiso con un occhio, con una
mano, con un piede, anziché an-dare all'inferno con due occhi, con due mani o
con due piedi. - Ciò significa che per custodire la purezza occorre fare sa-crifici
ed anche gravi sacrifici. Santa Maria Goretti preferì farsi crivellare di
coltellate, piuttosto che macchiare il gi-glio della sua virtù.
L'umanità,
ed in ispecie la gioventù, corre dietro la lusinga del cattivo pia-cere. Tanti
giovani incauti, a guisa di animali immondi vanno in cerca del fan-go
dell'impurità.
Libertà
dei sensi, discorsi disonesti, ro-manzi e riviste immorali, cinema inve-recondi,
balli licenziosi... ecco le gioie agognate da una grande schiera di gio-vani!
Qual è il guadagno? Rimorso di co-scienza, indurimento del cuore, perdita
della fede, avversione a quanto vi è di religioso, malattie, morte
prematura,... inferno!
Poveri
giovani! La colpa in parte è vo-stra ed in parte è dei vostri genitori, che
non vi hanno saputo custodire. Mirate San Domenico Savio, il delicato Giglio! E'
il vostro modello. Anch'egli ebbe un corpo, ma seppe rispettarlo come un va-so
sacro. Non fu esente dalla cattiva in-clinazione al male e dovette lottare
energicamente per domare le passioni. Cir-condò di spine il suo giglio con la
morti-ficazione, spesso lo irrorava con la pre-ghiera e con la frequenza ai
Santi Sacra-menti e poté passare su questa terra co-me una vaga colombella,
portando alla eternità l'innocenza battesimale.
Il
Santo è puro e chi è puro è Santo!
E
PERCHE' HAI GLI OCCHI?
- Domenico, ma tu sei troppo mortifi-cato negli sguardi! E gli occhi perché te
li ha dati il Signore?
-
Caro amico, gli occhi me li ha dati il Signore e sono vivacissimi; ma mi son
fatta una legge di volerli assolutamente dominare; ho incontrato tanta fatica
per riuscirvi e non poche volte ho dovuto pa-tire dei forti mal di capo. Gli
occhi sono due finestre e per le finestre passa ciò che si fa passare. Noi
possiamo far pas-sare un Angelo oppure un demonio e per-mettere o all'uno o
all'altro di essere pa-drone del nostro cuore.
SANTO
CORAGGIOSO
- Un giovane, già vittima dell'impurità, trovava il suo pascolo a guardare
brutte figure e facilmente si provvedeva di gior-nalacci. - Ma questo, diceva,
è un gior-nale particolare. Voglio mostrarlo ai miei compagni! - Il perfido
giovane si presentò in un crocchio di ragazzi. - Guardate che bel giornale!
Osservate queste figure! -
L'indecenza
delle immagini era troppo spinta! Avrebbe fatto arrossire gli stessi pagani. I
ragazzi guardavano avidamen-te; altri ragazzi ancora accorrevano.
Domenico
Savio andò pure a guarda-re, credendo si trattasse di cose buone; ma quando fu
vicino e si accorse che la purezza veniva offesa da quelle brutture, vincendo
ogni rispetto umano, afferrò quel giornale e lo ridusse in pezzi. Il suo
aspetto era autorevole, cosicché dappri-ma tutti tacquero e rimasero
meraviglia-ti di quel gesto.
Domenico
allora così parlò: Poveri noi!
Iddio
ci ha dato gli occhi per contempla-re la bellezza delle cose da Lui create e
voi ve ne servite per mirare tali sconcez-ze, inventate dalla malizia degli
uomini a danno dell'anima nostra! Avete dimen-ticato quello che tante volte è
stato pre-dicato? Il Signore dice che dando un so-lo sguardo cattivo,
macchiamo di colpa l'anima nostra! E voi pascete i vostri oc-chi sopra immagini
di questa specie? -
Uno
dei presenti prese la parola: - Ma noi guardavamo quelle figure soltanto per
ridere!
-
Sì, sì, per ridere, rispose Domenico; intanto vi preparate ad andare all'infer-no
ridendo! Ma riderete ancora, se avre-te la sventura di cadervi? -
Un
altro giovane soggiunse: Ma noi non abbiamo visto tanto male in quelle figure!
-
Peggio ancora, continuò il Savio; il non vedere tanto male nel guardare simili
sconcezze, è segno che i vostri oc-chi sono già abituati a rimirarle; e que-ste
abitudini non vi scusano dal male, anzi vi rendono più colpevoli! O Giobbe,
Giobbe! Tu eri vecchio, tu eri un santo, tu eri oppresso da grave malattia, e
tut-tavia facesti un patto coi tuoi occhi di non dare loro la minima libertà
riguar-do alle cose inverconde! -
Davanti
ad un parlare così franco ed accorato, chi avrebbe potuto ancora al-zare la
voce per il giornale ridotto in pez-zi? Difatti nessuno osó più fargli osser-vazione.
Quest'agire
delicato e dignitoso gli at-tirava sempre più stima e benevolenza; quantunque
giovanetto, si mostrava su-periore agli altri.
OH,
SCIOCCO!
- Piccoli drappelli di giovanetti si avvia-vano alla scuola. Chi canterellava,
chi zufolava, chi chiacchierava. Qualcuno lanciava dei sessi e qualche altro
alter-cava.
Anche
Domenico si avviava alla scuo-la. Il suo contegno era riservato; i suoi occhi
non vagavano e non si fermavano a mirare donne.
I
giovanetti videro lungo la strada un pubblico spettacolo. Uomini e donne ese-guivano
dei giuochi, però non sempre erano castigati nelle parole e nei gesti. Tutti
guardavano e ridevano. Domenico non si fermò a guardare.
Prima
di entrare in classe, tutti com-mentavano il pubblico spettacolo.
-
E tu, Savio, disse uno, hai visto che bei giuochi? Non ti sono piaciuti?
-
Ma io ho visto niente!
-
Non hai visto niente? Oh, sciocco! E come si può non vedere tali spettacoli? E
che cosa vuoi dunque fare degli occhi, se non te ne servi a mirare queste cose?
- Io voglio servirmene per mirare il volto della nostra Celeste Madre Maria, quando andrò a trovarla in Paradiso.
-
Ma vattene via, che sei strano e mi fai arrabbiare col tuo modo di parlare! -
Per la purezza non si fa mai trop-po; e poiché so che i pubblici spettacoli
sono un pericolo per questa virtù, prefe-rìsco rinunziarci! --
O
giovani, che non sapete rinunziare ad una trasmissione televisiva e, pur tro-vandovi
tanto fango morale, non vi risol-vete a troncare tale divertimento, ri-spondete:
Come si trova il giglio della vostra purezza? E' profumato?... Vi la-mentate di
non saper resistere alle ten-tazioni impure, perchè sono troppo for-ti!... Ma
perchè non togliete legna al fuo-co? Così la fiamma si estinguerà. Dome-nico
Savio fuggiva le occasioni e perciò la sua, mente era serena ed il suo cuore
immacolato.
ED
IL CALDO DELL'INFERNO?
- Il caldo era soffocante. Parecchi gio-vani stabilirono di andare al bagno.
Con le dovute precauzioni, il bagno non sa-rebbe un peccato; ma, trovarsi più
gio-vani assieme e svestiti, è un vero peri-colo per la purezza.
Fu
invitato anche Domenico ad anda-re al bagno.
-
Domenico, vuoi venire con noi a fare una partita?
-
Che partita?
-
Una partita a nuoto. - Oh, no! Io non vengo!
-
Vieni; fa molto piacere! Quelli che vanno a nuotare, non sentono più il cal-do,
hanno buon appetito e ne avvantag-giano nella salute.
-
Io non vengo e neppure voglio che andiate voi!
-
E che male c'è?
-
Voi vi esponete al pericolo di dare scandalo o di riceverlo. E questo non è
male?
-
Ma noi abbiamo un caldo che non ne possiamo più!
-
Se non potete tollerare il caldo di questo mondo, potrete poi tollerare il cal-do
terribile dell'inferno? Guai ad offen-dere la purezza! Invece di andare al ba-gno,
fate ciò che fanno gli altri: diverti-tevi qui onestamente. Fra non molto co-mincerà
la funzione in Chiesa ed anche noi vi prenderemo parte. -
Domenico
seppe tanto industriarsi che convinse i compagni a non andare al ba-gno. Rimase
soddisfatto, pensando di aver salvaguardato non solo la propria purezza, ma
anche quella del prossimo.
Imparino
i giovani, amanti delle spiag-ge, a meditare le parole di Domenico Sa-vio: «
Se non si può tollerare il caldo di questo mondo, come potrà tollerarsi quel-lo
dell'inferno? ».
Le
spiagge di oggi sono la morte della purezza: uomini, donne, costumi scostu-mati,
oziosità, danze libere! Si va a la-vare il corpo e si sporca l'anima! Il mon-do
se ne ride di queste delicatezze. - Guai al mondo, disse Gesù Cristo, guai al
mondo per i suoi scandali! -
Il
nostro Santo sia un monito alla mo-derna gioventù ed a quanti vogliono sal-vare
l'anima. Quanti deplorano la per-dita della loro purezza a motivo della
spiaggia!
I
VERI AMICI SONO RARI
- «I miei amici saranno Gesù e Maria ». Qu esto fu uno dei proponimenti che
il Savio prese nel giorno della Prima Co-munione.
Gli
amici!... Dice lo Spirito Santo: Chi trova un amico, trova un tesoro. - I te-sori
sono rari, perciò i veri amici sono rari.
Ci
vuole molta prudenza nella ricerca di essi, perchè possono venire in veste di
agnello, mentre sono lupi rapaci. Quanti a motivo dell'amicizia perdono la purez-za!
Prima una parola poco castigata, poi una confidenza illecita, dopo discorsi di-sonesti
ed infine... provocazione al male!
Il nostro Santo, con l'intuito della sua virtù, sin da bambino comprese l'impor-tanza delle amicizie e perciò scelse Gesù e Maria. Offrì anche la sua amicizia ai buoni compagni, per riavvicinarli sem-pre più al Signore. Ma quando si accor-geva che un compagno pronunziava pa-rolacce o teneva discorsi cattivi, lo fug-giva risolutamente. Se egli avesse avuto la disgrazia di frequentare qualche cat-tivo compagno, facilmente avrebbe pre-sa la cattiva strada anche lui ed oggi non avremmo sugli Altari questo candi-do Giglio.
Alla
Scuola di San Giovanni Bosco, Domenico capì che non si può essere pu-ri senza
confessarsi e comunicarsi spes-so e quindi si teneva lontano da quei gio-vani
che non frequentavano i Sacramen-ti. Aveva detto il grande Educatore della
gioventù: Fuggite quei giovani che fan-no la Santa Comunione tre o quattro vol-te
l'anno; è difficile che conservino la pu-rezza e se si avvicinano, possono
avve-lenare. -
Domenico
Savio nell'Oratorio a Torino trattava con i compagni, ma i suoi veri amici erano
i più buoni, quelli che spic-cavano per pietà e moralità. I soci della
Compagnia dell'Immacolata, di cui egli faceva viva parte, erano i suoi
prediletti e specialmente Massaglia Giovanni da Marmorito e Gavio Camillo da
Tortona. Ecco qualche conversazione tenuta con loro.
DUE
TESORI
- Domenico, fortunati noi che siamo venuti all'Oratorio di Don Bosco! Possia-mo
studiare e divenire Sacerdoti!
-
Caro Massaglia, non basta dire che vogliamo divenire Sacerdoti, ma bisogna che
ci adoperiamo per acquistare le vir-tù necessarie a questo stato.
-
E' vero; ma se facciamo ciò che pos-siamo, Iddio non mancherà di darci gra-zia
e forza per meritarci un favore così grande, quale è divenire Ministri di Ge-sù
Cristo.
-
Benissimo! Voglio che noi siamo ve-ri amici, veri amici per le cose dell'ani-ma;
perciò desidero che d'ora innanzi siamo l'uno consigliere dell'altro, in tut-to
ciò che può contribuire al bene spiri-tuale. Se tu scorgerai in me qualche di-fetto,
dimmelo subito affinché me ne pos-sa emendare; oppure, se scorgerai qual-che
cosa di bene che io potrei fare, non mancare di suggerirmela.
-
Lo farò volentieri per te, sebbene tu non ne abbisogni; ma tu lo devi fare
assai più verso di me, che ben sai, mi trovo esposto a maggiori pericoli, per
età, studio e scuola.
-
Lasciamo da parte i complimenti ed aiutiamoci vicendevolmente! - L'amicizia dei
due giovani fu duratu-ra e fruttuosa, perchè fondata sulla vera virtù, ed il
giovane Massaglia, approfit-tando dei consigli e degli esempi del Sa-vio,
raggiunse un alto grado di virtù, tanto che Don Bosco disse: Se io volessi
scrivere i bei tratti di virtù del giovane Massaglia, dovrei dire in gran parte
le cose dette su Domenico Savio. -
TE
LO DIRO' IO!...
- Il cortile era animato da centinaia dì giovanetti: Soltanto uno stava apparta-to,
assorto in gravi pensieri. Era un nuo-vo arrivato nell'Oratorio di Don Bosco.
Povero
giovane! Il Municipio di Tortona si era interessato di farlo ricoverare. af-finché
potesse. studiare a Torino, essen-do un piccolo genio di pittura e di scul-tura;
però era malaticcio. Non prendeva parte ai trastulli, perchè il suo cuore sof-friva
moralmente.
Domenico
Savio se ne accorse e gli si avvicinò.
-
Ebbene, mio caro, non conosci an-cora alcuno, non è vero?
-
Sì, è vero; ma mi contento di guar-dare gli altri a trastullarsi...
-
Come ti chiami?
-
Gavio Camillo da Tortona.
-
Quanti anni hai?
- Ne ho quindici compiuti.
-
Da che cosa deriva quella malinco-nia che ti traspare in volto? Forse sei stato
ammalato?
-
Sì, sono stato gravemente ammala-to; ho fatto una malattia di palpitazio-ne,
che mi portò sull'orlo della tomba; e non ne sono ancora ben guarito.
-
Desideri guarire, non è vero?
-
Non tanto; desidero fare la volontà di Dio. -
Queste
ultime parole fecero compren-dere a Domenico quale perla morale fos-se il
giovane Gavio e pensò di farselo amico. Continuò allora a dirgli con tut-ta
confidenza:
-
Chi desidera fare la volontà di Dio, desidera santificare se stesso. Hai dun-que
volontà di farti Santo?
-
Questa volontà in me è grande.
-
Bene, accresceremo il numero dei nostri amici; tu sarai uno di quelli che
prenderanno parte a quanto facciamo noi per divenire Santi.
-
E' bello quanto tu dici; ma io non so cosa debba fare!
-
Te lo diró io in poche parole. Sappi che noi qui facciamo consistere la san-tità
nello stare molto allegri. Noi procu-reremo soltanto di evitare il peccato, co-me
un gran nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore; procureremo di
adempiere esattamente i nostri doveri e di fare bene le pratiche di pietà.
Comincia sin da oggi e ricorda sempre: « Servire il Signore in santa allegria
». Questo discorso fu come un balsamo per il Gavio, che ne ebbe un vero con-forto.
Da quel giorno divenne fedele ami-co del Savio e costante imitatore delle sue
virtù.
Quale
differenza tra il discorso di que-sti due amici ed i discorsi di tanti amici
del mondo! Chi è puro, parla di cose buo-ne; chi è dedicato ai brutti
piaceri, non sa parlare che di brutture. La bocca par-la dell'abbondanza del
cuore!
I
discorsi degli amici mondani, i di-scorsi dell'odierna gioventù farebbero ar-rossire
anche i selvaggi. Che San Dome-nico Savio ottenga da Dio a tanti miseri giovani
la grazia di troncare le cattive compagnie e di fuggire i discorsi disone-sti,
rovina della purezza!
MARIA
MADRE MIA!
- La Cappella dell'Oratorio era deserta; una lampada rischiarava l'Altare di Ge-sù
Sacramentato.
Entrò
un giovane, a passo lento e a capo chino; si prostró ai piedi dell'Altare e
rimase immobile a pregare. Era Dome-nico, il piccolo Santo, che si dissetava,
quale cervo, alle fonti delle acque divine, e come quella sera, così tutti i
giorni.
Quale
poteva essere la sua preghiera? Quale grazia importante desiderava? Lo dice San
Giovanni Bosco: Tutte le volte che il Savio si recava in Chiesa, andava a
pregare la Vergine Santissima per ot-tenere la grazia di conservare il cuore
sempre lontano da ogni affetto impuro. -
Nell'effusione
del suo amore verso la Regina del Cielo e verso la purezza, Do-menico diceva:
Maria, Madre mia, io vo-glio essere sempre vostro figliuolo! Ot-tenetemi la
grazia di morire, prima che io commetta un peccato contro la virtù della
purezza! -
E
la Madonna, che tiene sotto il suo manto le anime pure, gradi tanto la pre-ghiera,
che lo mantenne e lo custodì co-me il giglio tra le spine.
Senza
preghiera, e molta preghiera, non ci si può mantenere puri. Lo ricordi-no
tutti, ma specialmente i giovani!
* *
*
Le
ossa degl'imperatori e dei principi giacciono sepolte e nessuno pensa a pren-derne
un frammento e conservarlo come ricordo o talismano.
I
frammenti delle ossa di Domenico Savio sono richiesti da Vescovi, Sacerdo-ti e
fedeli, vengono custoditi in ricchi re-liquiari, sono posti alla pubblica
venera-zione, sono portati addosso con rispetto da quei fortunati che possono
procurar-seli... e tali reliquie possono strappare a Dio, come già è
avvenuto, grazie assaï importanti e veri miracoli.
E'
Iddio che glorifica cosi i corpi dei suoi Santi, corpi puri e verginali.
FATE
PENITENZA!
- Insegna Gesù Cristo: «Se non farete penitenza, perirete tutti! ».
La vita è prova; la vita è lotta. Nella lotta si soffre. Gesù ha abbracciato la via della croce ed ha detto: «Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi se-gua ».
Il
mondo non vuol saperne di soffrire ed è avido di piaceri. Guai a lasciarsi tra-scinare
dalla corrente dei piaceri! Beati quelli che soffrono! - dice Gesù.
Domenico
Savio sin da piccolo sentì la croce, essendo figlio di un povero operaio. Ogni
giorno faceva sei miglia di strada a piedi, sotto le intemperie. Più volte gli
toccó cambiare domicilio, dovendo la fa-miglia trasferirsi altrove in cerca di
la-voro. Ma crescendo negli anni crebbero pure le sofferenze. Domenico,
conoscen-done la preziosità, non solo non le fug-giva, ma faceva di tutto per
procurarsele. Scrive Don Bosco sul Savio:
-
La sua età, la salute cagionevole e l'innocenza di sua vita, l'avrebbero cer-tamente
dispensato da ogni sorta di pe-nitenza; ma egli sapeva che difficilmente un
giovane può conservare l'innocenza senza la penitenza e questo pensiero faceva
si che la vita dei patimenti a lui sembrasse coperta di rose. Per penitenza non
intendo il sopportare pazientemente le ingiurie ed i dispiaceri, non intendo la
mortificazione continua e compostezza di tutti i sensi, nel pregare, nella
scuola, nello studio, nella ricreazione. Queste pe-nitenze in lui erano
continue. Io parlo solamente delle penitenze affiittive del corpo... Eppure una
volta lo incontrai tutto afflitto, mentre esclamava: Povero me! Sono proprio
negl'imbrogli. Il Signo-re dice che se non faccio penitenza, non andrò in
Paradiso. Intanto a me è proi-bito di farne. Quale sarà dunque il mio
Paradiso? -
QUESTO
NO... E QUESTO NEPPURE!
- Più soffro, diceva Domenico, e più mi rendo simile al Divin Redentore. -
Aveva stabilito di digiunare a pane ed acqua tutti i sabati. Ne fece parola al
suo Confessore e gli fu proibito.
Voleva
digiunare l'intera Quaresima per imitare Gesù che digiunò quaranta giorni. Per
una settimana gli fu possibi-le farlo; appena il suo Direttore se ne accorse,
glielo proibi assolutamente ed egli ubbidì senz'altro.
Raccolse
schegge di legno e pezzi di mattoni e li mise sotto le lenzuola, affin-ché non
potesse riposare comodamente. Pensò di portare ai fianchi un cilicio con punte
di metallo; ma tutto ciò gli fu an-che proibito.
L'amore
al patire era forte e Domeni-co sapeva escogitare sempre nuove cose. Era
cominciato l'inverno; a Torino la stagione invernale è molto rigida e qual-che
volta la temperatura si abbassa sino a 20 gradi sotto zero. Domenico volle re-stare
con le coperte d'estate. L'inverno era inoltrato ed egli passava le notti in-tirizzendo
dal freddo.
Una
mattina rimase a letto; stava ma-le. Il Direttore andò a trovarlo in came-ra
e vedendolo raggomitolato ed accor-gendosi che sul letto c'era soltanto una
leggera coperta, gli disse: Ma perché fai così?... Vuoi morire di freddo? -
No, ri-spose, non morró di freddo. Gesù nella capanna di Betlem e quando
pendeva dalla croce, era meno coperto di me! - Ad ogni modo non farai più
questa pe-nitenza. Sei debole e la tua salute non ti permette quanto tu
vorresti fare. - Pazienza! Meglio ubbidire! -
D'inverno
pativa di geloni alle mani; tuttavia non ne faceva mai parola, né si lamentava,
anzi pareva che ne avesse grande piacere. - Più sono grossi i ge-loni, diceva,
più fanno bene alla salu-te! - volendo significare alla salute del-l'anima.
Fu
visto più volte scarnificare la pelle e la carne con aghi e punte di penne, af-finché
tali lacerazioni, convertendosi, in piaghe, lo rendessero più somigliante al
Divin Maestro.
COSTUI
NON E' COME GLI ALTRI!
- L'infermo era a letto; erano in appren-sione più gli altri che lui. Entró
il medi-co per fare una piccola operazione al-l'ammalato. Sapeva per
esperienza che i giovanetti hanno paura dei ferri chi-rurgici e quindi disse:
Domenico, volta la faccia altrove; procura di aver pazienza e fa' coraggio!
Pensa che faró in fret-ta! -
L'ammalato
cominciò a ridere. - Che paura posso avere, quando penso ai chio-di che
piantarono nelle mani e nei piedi dell'innocentissimo nostro Salvatore? -
Rassicurandosi,
il medico fece il taglio. Domenico con tutta serenità, anzi dicen-do facezie,
osservava il sangue che veni-va fuori.
E ciò avvenne più volte, tanto che il medico meravigliato diceva: Questo gio-vane non è come tutti gli altri! -
-
Piccole cose, dirà qualcuno, ha sof-ferto Domenico Savio. - Sì, son piccole
cose; però si tenga conto della sua età; e se l'ubbidienza non l'avesse
frenato, chi sa quali aspre penitenze avrebbe fatto! Del resto, è virtù eroica
in un giovanet-to di quindici anni vivere in continua mortificazione ed
arrivare al punto di godere della stessa sofferenza.
La
vita mortificata del Savio è un rim-provero alla vita comoda che nel mondo si
tiene. Quanti giovani non sanno vin-cersi, neppure nelle piccole cose! Dite ad
un giovane: Oggi non fumare! - Ma io mi sentirò morire senza la sigaretta! -
Questa sera non andare al cinema; il film è pericoloso! - Ma come si può rinun-ziare
ad un film cosi attraente? - Non sprecare denaro in cose inutili! - Ma perchè
privarmi di ogni soddisfazione? - Non andare a quella festa; c'è gente di
sospetta moralità! - Ma se non godo ora che sono giovane, quando dovrò gode-re?
-
Godere...
sempre godere! Ecco la po-tente calamita che attira le anime! Ma almeno fossero
godimenti leciti! Il peg-gio è che d'ordinario si corre dietro ai piaceri
peccaminosi e non solo sono i gio-vani a far questo, ma tanti altri dell'u-no
e dell'altro sesso.
Si
domandi a questi gaudenti: Volete andare in Paradiso e godere in eterno come
Domenico Savio? - Certamente, risponderanno; noi vogliamo andare in Paradiso! -
Ed allora cambiate strada, perchè siete sulla falsa via! In Paradiso non si va
in carrozza! O godere in questa vita e patire nell'inferno, oppure soffrire qui
e godere in Cielo.
-
Il regno dei Cieli, dice il Vangelo, patisce violenza e sono i violenti che lo
rapiscono! - Domenico Savio è uno di questi, perchè avendo fatto violenza a se
stesso e avendo domato le passioni, sep-pe meritare la corona di gloria.
CHARITAS
CHRISTI
- Carità significa amore. L'amore può portarsi a Dio ed anche al prossimo.
Amare Dio è il primo e il massimo co-mandametno; il secondo grande coman-damento,
simile al primo, è amare il prossimo come noi stessi.
Come
l'uccello per volare ha bisogno di due ali, così l'anima per volare al Cielo ha
bisogno di questi due grandi amo-ri. Non si può essere Santi senza avere
esercitata la carità in grado eroico. San Domenico Savio amò tanto la carità,
da farne il :suo pane quotidiano. Era adole-scente e non poteva esplicare
questa vir-tù come avrebbe voluto; tuttavia negli episodi che narrerò appare
la grande lu-ce della sua carità.
E'
STATO DOMENICO!
- L'orario scolastico era cominciato, ma il maestro non appariva.
Gli
alunni, soli in classe, sembravano tanti diavoletti: chi rissava, chi lanciava
in aria la cartella, chi faceva sparire qual-che berretto e chi stuzzicava i più
deboli.
Ad
uno dei più irrequieti saltó in men-te di fare una grossa monelleria: prega-rare
uno scherzo all'insegnante.
Li
per lì i monelli risero, ma sùbito do-po pensarono al castigo che avrebbero
meritato, venuto il maestro. Come evi-tare la punizione? Dare la colpa a Do-menico
Savio! Questi intanto, stando al suo posto, rivedeva i compiti.
-
Quando verrà il maestro, disse il colpevole ai compagni, diremo tutti: E' stato
Savio a fare questa monelleria... Guai a chi farà il mio nome! -
Entrato
l'insegnante, a vedere il disor-dine, acceso di sdegno,, disse: Chi si è
permesso fare questa monelleria? Meri-ta di essere cacciato subito dalla
scuola!
-
E' stato Domenico Savio! - escla-marono quattro o cinque scattando in piedi.
-
Domenico Savio? Proprio lui?... Si alzi! -
Il
buon fanciullo, abbassati gli occhi e chinato leggermente il capo, si alzò, in
attesa del temporale.
-
Proprio tu, disse il maestro, dovevi fare questa grave mancanza? Dovresti essere
espulso dalla scuola! Buon per te che è la prima volta che mi fai una man-canza,
altrimenti!... E speriamo che sia l'ultima! Il Savio avrebbe potuto dire la
verità; eppure taceva come se fosse colpevole. Ma Iddio protegge gl'innocenti!
Il gior-no seguente furono scoperti i veri rei. Il maestro, pieno di
rincrescimento per i rimproveri ingiusti dati al Savio, lo chia-mó in
disparte: - Perchè non mi hai detto subito che eri innocente? - Perchè quel
tale, essendo già colpevole di altri falli, forse sarebbe stato cacciato dalla
scuo-la; dal canto mio speravo di essere per-donato, essendo la prima mancanza
di cui ero accusato in classe. D'altronde io in quel momento pensavo al nostro
Di-vin Redentore, il quale fu ingiustamente accusato. -
Il maestro tacque; ammirò la virtù di Domenico, che aveva saputo rendere be-ne per male, disposto a tollerare anche un grave castigo pur di risparmiarlo al suo calunniatore.
In
un fanciullo questa condotta è ve-ro eroismo.
IL
PRIMO COLPO... SOPRA DI ME!
Lascio la penna a San Giovanni Bosco, che narra un fatto assai edificante: Due
compagni di scuola di Domenico Savio vennero tra loro ad una rissa pe-ricolosa.
Il litigio cominciò da alcune pa-role dettesi scambievolmente in disprez-zo
della loro famiglia. Dopo alcuni insul-ti si lanciarono villanie e si sfidarono
a far le loro ragioni a colpi di pietra. Do-menico scoprì questa discordia. Ma
come impedirla essendo i. rivali maggiori di forza e di età? Si provó a
persuaderli a desistere da quel progetto, facendo osser-vare ad ambedue che la
vendetta è con-traria alla ragione ed alla santa legge di Dio; scrisse dei
biglietti all'uno ed all'al-tra; li minacciò di riferire la cosa al pro-fessore
ed anche ai loro parenti. Ma tut-to invano; i loro animi erano così ina-spriti,
che tornava inutile ogni parola. Oltre al pericolo di farsi grave male alla
persona, si commetteva grande offesa contro Dio. Domenico era afflitto;
desiderava opporsi e non sapeva come fare. Iddio lo ispirò; li attese dopo la
scuola ed appena poté parlare ad ambedue se-paratamente, disse: Poiché
persistete nel cattivo vostro divisamento, vi prego al-meno di accettare una
condizione.
-
L'accettiamo, risposero, purché non impedisca la nostra sfida.
-
Egli è un birbante! - replicò tosto uno di loro.
-
Ed io, soggiunse l'altro, non sarò in pace con lui, finché egli, oppure io,
non abbiamo rotta la testa! -
Savio
tremava a quel triste diverbio; tuttavia, nel desiderio dimpedire maggior male,
disse: La condizione che sto per mettervi, non impedirà la sfida.
-
Qual è questa condizione?
-
Vorrei soltanto dirvela dove volete misurarvi a sassate:
-
Tu ci scherzi oppure studi il modo di metterci qualche impedimento.
-
Sarò con voi e non vi scherzerò; sta-te tranquilli.
-
Forse tu vorrai andare a chiamare qualcuno?
-
Dovrei farlo, ma non lo farò; andia-mo; io sarò con voi. Mantenetemi soltan-to
la parola. -
Glielo
promisero ed andarono nei così detti « prati della Cittadella » fuori di
Porta Susa.
Tanto
era l'odio dei due contendenti che a stento il Savio poté impedire che
venissero alle mani nel breve tratto di strada che doveva farsi.
Giunti
al luogo stabilito, Domenico fe-ce una cosa che certamente nessuno si sarebbe
immaginato. Lasciò che i due si ponessero ad una certa distanza; già ave-vano
le pietre in mano, cinque ciascuno; allora Domenico parlò cosi: Prima di ef-fettuare
la vostra sfida, voglio che adem-piate la condizione accettata..,-. Dicendo ciò,
trasse fuori il piccolo Crocifisso che aveva al collo e, tenendolo in mano, sog-giunse:
Voglio che ciascuno fissi lo sguar-do su questo Crocifisso; di poi, gettando
una pietra contro di me, pronunzi a chia-ra voce queste parole: Gesù Cristo
innocente morì perdonando i suoi crocifissori ed io peccatore voglio offenderlo
e fare solenne vendetta! -
Detto
ciò, andò ad inginocchiarsi da-vanti a colui che si mostrava più infu-riato:
- Fa' il primo colpo sopra di me; ti-ra una forte sassata sul mio capo! -
Il
monello, che non si aspettava simile proposta, cominciò a tremare. - No, dis-se,
e no giammai! Io non ho nulla con-tro di te; anzi vorrei difenderti se tu fos-si
oltraggiato! -
Domenico,
udito ciò, corse dall'altro dicendo le stesse parole. Questi pure ne fu
impressionato e disse che, essendo egli suo amico, non gli avrebbe mai fatto al-cun
male.
Allora
il Savio si rizzò in piedi e, pren-dendo un aspetto serio e commosso, escla-mò:
- Come, voi siete tutti e due disposti ad affrontare anche un grave pericolo per
difendere me, che sono una misera-bile creatura, e non siete capaci di per-donarvi
un insulto per salvare l'anima vostra, che costò il Sangue del Salvatore e che
voi andate a perdere con questo grave peccato? - Ciò detto, tacque te-nendo
sempre il Crocifisso in mano.
A
tale spettacolo di carità e, di corag-gio, i compagni furono vinti. - In quel
momento, asserì uno di loro, io fui inte-nerito; un freddo mi corse per le mem-bra
e mi sentii pieno di vergogna per aver costretto un amico così buono, co-m'era
Savio, ad usare misure estreme per impedire il nostro empio divisamen-to.
Volendo allora dargli un segno di com-piacenza, perdonai di cuore a chi mi ave-va
offeso e pregai Domenico di suggerir-mi qualche caritatevole Sacerdote per
andare a confessarmi. In questo modo, dopo esesrmi di nuovo fatto suo amico, fui
riconciliato col Signore, che con l'o-dio e con il desiderio di vendetta avevo
di certo offeso gravemente. -
Ma
ciò che in questo fatto onora sin-golarmente la carità del Savio, è il silen-zio
in cui seppe tenere quanto era acca-duto. Ogni cosa sarebbe stata totalmen-te
ignorata, se coloro stessi che vi presero parte, non l'avessero raccontata più
volte.
A
TE COSA IMPORTA?
- Un ragazzo aveva la cattiva abitudine di dire parolacce; alla minima
occasione, ne vomitava tante.
Domenico
se ne accorse e pensò essere atto di carità ammonirlo.
-
Ma perchè dire cattive parole?
-
A te cosa importa?
-
Non sta bene, per principio di mo-ralità e di buona educazione.
-
E chi sei tu che vuoi insegnare a me l'educazione?
-
E giù parolacce contro Domenico.
-
Ti richiamo per tuo bene!
- Se parli ancora ti rompo il muso!
- Cosi dicendo, si avventó contro il Sa-vio e lo coprì di pugni e di calci. Domenico era maggiore di età e di for-za; avrebbe potuto reagire e conciare per bene il monellaccio; sentiva bollire il sangue e divenne rosso per la collera e si limitò a dire queste parole:
- Io ti perdo-no; hai fatto male; non trattare però al-tri in questo modo! -
Imparino
i Cristiani a perdonare le of-fese come fece Domenico Savio! Se non si perdona
l'offesa al prossimo, neppure Dio perdona i peccati.
LA
BUONA PAROLA
- Le opere di carità elencate nel cate-chismo sono quattordici: sette
corporali e sette spirituali. Domenico non lasciava sfuggire occasione di
esercitarle: ad uno dava un buon consiglio od un ammoni-mento, ad un altro
rendeva un servizio, ad un terzo dava una spinta maggiore al bene. Era un'ape
industriosa. E tutto ciò faceva con serietà e disinvoltura, pie-no di fede,
pensando alle parole di Gesù Qualunque cosa avrete fatta all'ultimo dei miei
fratelli, l'avrete fatta a me! - Si prestava volentieri ad assistere i compagni
ammalati e rendeva loro tanti piccoli servizi. Alle volte diceva: Io non ho
alcun merito davanti a Dio nell'assi-stere e visitare gl'infermi, perchè lo
fac-cio con troppo gusto; anzi per me è un caro divertimento. -
Assistendo
gl'infermi, era accortissi-mo a suggerire pensieri spirituali. Questa carcassa,
diceva ad un compagno ammalato, non vuol durare in eterno. Non è vero? Bisogna
lasciare che si lo-gori poco per volta, finché andrà alla tomba. Ma allora,
caro mio, l'anima no-stra, sciolta dai legami del corpo, volerà gloriosa al
Cielo e godrà una sanità ed una felicità interminabili. -
Ad
un infermo, che si rifiutava di be-re una medicina perché amara, disse: Noi
dobbiamo prendere qualche rimedio, perché cosi ubbidiamo a Dio, che ha sta-bilito
medici e medicine, per riacquista-re la salute perduta; che se proviamo qualche
ripugnanza per il gusto, avremo maggior merito per l'anima. Del resto, credi che
questa tua medicina sia tanto amara quanto era amaro il fiele misto con l'aceto,
con cui fu abbeverato Gesù sopra la Croce? -
IN
VACANZA
- Oh, Domenico, è tanto che non ti vediamo! Dove sei stato? - Così dicen-do,
gli si avvicinavano piccoli e grandicelli.
-
Sono stato a Torino con Don Bosco; sono venuto in famiglia per alcuni gior-ni
di vacanza.
--
A Torino chi sa quanti divertimenti ci sono!
- Ci divertiamo tanto nell'Oratorio; siamo centinaia di givanetti. Però si stu-dia anche. e si fa di tutto per divenire buoni ed amare Gesù. E voi amate il Si-gnore? Dite le preghiere tutti i giorni?
-
Ma io ho dimenticato le preghiere; devo pensare a lavorare!
-
Io neppure so fare il segno della Croce; mia madre non m'insegna niente!
-
Ed io mi vergogno di andare in Chie-sa coi bambini!
-
Cari amici, disse il Savio, v'insegno io come dovete fare. Domenica vi con-durrò
io al catechismo; quando non ci sarò io, ci andrete da soli; domenica pros-sima
verrò a chiamarvi per andare alla Messa... E tu, non sei capace di fare il
segno della Croce? Se lo impari, ti rega-lo una medaglietta. Guarda come si fa:
Si porta la mano destra alla fronte e si dice: « Nel nome del Padre»; poi si
por-ta al petto e si dice « E del Figlio »; in ultimo si porta alla spalla
sinistra ed al-la destra, dicendo « E dello Spirito San-to» e si conclude
col dire «,Amen! ». Se state attenti, vi racconto dei bei fatti del Signore,
della Madonna e dei Santi... A chi sa rispondermi a qualche domanda che vi
rivolgo, do un'immaginetta... -
Quei
cari amici ascoltavano a bocca aperta certi episodi ed il Savio godeva di poter
giovare loro spiritualmente.
Finita
la narrazione diceva: Ora an-diamo a trovare Gesù. Egli è in Chiesa che ci
aspetta! -
E
la piccola corona di amici si avviava tranquillamente a fare una visitina a Gesù,
prigioniero d'amore nel Taberna-colo.
NON
DIMENTICARLO!
- La ricreazione nel cortile dell'Oratorio era molto animata. Domenico giocava,
perchè era suo dovere, ma faceva da cac-ciatore spirituale e, presentandosi
una preda, non la lasciava sfuggire. Vide un compagno mesto e conoscendo la sua
condotta poco edificante, interruppe il giucco e gli si avvicinò: - Vuoi farmi
un piacere?
-
Quale sarebbe?
-
Sabato prossimo vuoi venire con me a confessarti?
-
Ebbene... verrò!
-
Non dimenticarlo, sai! -
Il
sabato, all'ora fissata, il compagno non si fece trovare; aveva molto bisogno di
confessarsi, ma poca voglia!
Domenico,
appena poté vederlo di nuo-vo, gli disse quasi scherzando: Eh, biric-chino,
me l'hai fatta!
-
Ma vedi, rispose l'altro, non ero disposto... non mi sen-tivo!
-
Poverino, hai ceduto al demonio, il quale era assai ben disposto a ricever-ti!
Ma adesso sei ancora più indisposto, anzi ti vedo di cattivo umore. Orsù, fa'
la prova di andare a confessarti; fa' uno sforzo; procura di confessarti bene e
ve-drai di quanta gioia sarà ripieno il tuo cuore! -
Il
compagno si decise ed andò. Subito dopo ritornò da Domenico: E' vero, esela-mó,
ho il cuore pieno di contentezza; per l'avvenire voglio confessarmi più spes-so!
-
ANDIAMO
VIA! -
Il lupo rapace era entrato nell'ovile. Con grande sollecitudine San Giovanni
Bosco educava i suoi giovani, ma di tan-to in tanto il demonio mandava tra loro
qualche suo servo per farne strage.
Si presentò un uomo nel cortile, men-tre i giovani erano in ricreazione. Dap-prima dava sguardi di curiosità, ma do-po si avanzó verso i giovani e cominciò a parlare. Narrava cose strane per fare ridere. Taluni per curiosità si avvicina-rono ad ascoltare. L'infelice uomo, quan-do ebbe d'attorno un discreto numero di uditori, iniziò a parlare contro il Papa, contro i Sacerdoti e contro la Religione, mettendo in burla le cose più sante.
Alcuni
degli astanti, non potendo sof-frire tale empietà, si contentarono di ri-tirarsi;
altri invece, molto incauti, rima-sero ad ascoltarlo. Domenico Savio per caso
sopraggiunse ed appena sentì la pri-ma scempiaggine, pensando al danno morale
dei suoi compagni, vinse il rispet-to umano ed esclamò: Compagni, non vi
vergognate di ascoltare quest'uomo? An-diamo subito via di qua! Questo infelice
vuole rubare l'anima nostra! -
I
giovanetti si allontanarono.
-
E voi non vi permettete più di te-nere simili discorsi! Non fatevi più vede-re
qua dentro! -
Quell'inviato
dal demonio andò via dall'Oratorio e non vi mise più piede.
AH,
IL RISPETTO UMANO!
- La correzione del prossimo è un atto di carità; ma non basta correggere il
col-pevole, bisogna impartire la correzione con prudenza é delicatezza, perchè
ot-tenga il suo frutto.
Domenico Savio era maestro in ciò. Certamente gli costava sacrificio questa carità, dovendo vincere il rispetto uma-no. Tengano presente la sua, condotta tutti i fedeli e non abbiano paura di par-lare in certe circostanze, mettendo da parte il timore della critica. Ah, il rispet-to umano quanto bene fa trascurare!
-
Se qualcuno, dice Gesù, si vergogne-rà di me davanti agli uomini, io mi ver-gognerò
di lui davanti al Padre mio! -
BENE...!
HAI RAGIONE!
- Ma sembra fatto apposta! Oggi tut-to va al contrario! - e giù un'orribile
bestemmia contro Dio.
L'infelice bestemmiatore, un uomo di età avanzata, era rosso in faccia per la rabbia e guai ad avvicinarlo!
Domenico
ritornava dalla scuola; udì la bestemmia e tremò di spavento. - O mio Dio,
disse, un uomo ha oltraggiato il vostro nome! Siate benedetto, o Signo-re! -
Il
Santo non si accontentò di riparare l'insulto recato alla Divinità; pensò co-me
correggere il povero uomo. Ma come avvicinarlo? E come parlargli? E se ri-sponderà
con uno schiaffo? E se si ar-rabbierà di più e continuerà a bestem-miare?...
Ma la carità di Cristo lo ispi-rava e gli mise in mente un espediente geniale.
Domenico
si diresse verso il bestem-miatore; lo salutò gentilmente e poi gli disse:
Brav'uomo, potreste farmi un pia-cere?
-
Se posso! Di che si tratta?
-
Vorreste indicarmi la via che porta all'Oratorio di San Francesco di Sales, dov'è
Don Bosco? -
Quell'uomo,
davanti al giovanetto sereno ed educato, depose quella specie di ferocia e
rispose
-
Caro ragazzino, mi dispiace non po-terti accontentare! Io sono poco pratico di
queste contrade.
-
Oh, se non potete farmi questo pia-cere, non datevi pensiero! E potreste far-mene
un altro?
- Volentieri; parla pure! - Domenico gli si accostò all'orecchio e piano piano gli disse: Mi farete un gran-de piacere se nella vostra collera direte altre parole, senza bestemmiare il santo nonne di Dio!
-
Bravo, disse l'altro pieno di stupo-re e di ammirazione; bene, hai ragione! E'
questo un brutto vizio che voglio vin-cere a qualunque costo! -
Domenico
lo incoraggiò, lo salutò nuo-vamente e riprese il cammino; intanto il
bestemmiatore lo accompagnava con lo sguardo, pensando in cuor suo: Un ra-gazzo
mi ha fatto da maestro!
VUOI
VENIRE CON ME?
- Ho vinto io!
No,
ho vinto io!
-
Dammi i quattro soldi! Ti do quattro pugni! -
E
cosi dicendo, i due ragazzi vennero alle mani. Uno di loro pronunziò una
bestemmia contro Dio.
Domenico,
ch'era presente, avrebbe vo-luto dare qualche schiaffo a quel monel-laccio di
nove anni; sentiva tanto sde-gno verso di lui per la bestemmia vomi-tata. Ma
pensò: Se lo batto, non riuscirò a correggerlo. Faró diversamente!
Subito
si pose tra i due contendenti; li separò e riusci a calmarli. Poi disse a chi
aveva bestemmiato: Vuoi venire con me? Ne sarai tanto contento!
-
E dove vuoi condurmi?
-
Lo saprai dopo. Vieni! -
Lo
prese per la mano e, raccontando-gli qualche cosa, lo condusse in Chiesa. Poi
gli disse: Ora inginòcchiati qui, vici-no a me; chiedi perdono al Signore
dell'offesa che gli hai fatta, bestemmiando. Recita l'atto di dolore.
-
Ma io non so l'atto di dolore!
-
Non importa; dillo con me! Ripeti le parole che dico io. -
Finita
la preghiera, il Savio continuò Adesso di' con me queste parole: Sia lo-dato
Gesù Cristo ed il suo santo ed ado-rabile nome sia sempre benedetto! -
SANTO
ZELO -
Conobbe il nostro Santo l'importanza di cooperare al bene delle anime, per la
cui salvezza Gesù Cristo sparse il suo Di-vin Sangue, e più volte fu udito
dire: Se io potessi guadagnare a Dio tutti i miei compagni, quanto sarei felice!
Appena sarò Chierico, vorró andare a Mondonio e radunare tutti i fanciulli
sotto una tet-toia e così impartire loro il catechismo. Quanti poveri
fanciulli forse andranno alla perdizione, per mancanza di chi li istruisca nella
fede! -
Parlava volentieri dei Missionari e non potendo loro mandare aiuti materiali, offriva ogni giorno al Signore qualche preghiera ed almeno una volta alla set-timana faceva per loro la Santa Comu-mone.
Gli
stava a cuore la conversione dei peccatori ed a tale scopo supplicava il buon
Dio, specialmente pregava per il ritorno dell'Inghilterra al Cattolicesimo.
Quanti
tesori di meriti seppe accumu-lare Savio in pochi anni di vita con l'e-sercizio
della carità! Quanti invece, ca-richi di anni, sono sterili riguardo alla
carità ed allo zelo per la salvezza del prossimo! Per essere spinti a maggior
carità, si pensi al premio celeste; in Pa-radiso sarà ripagato oltre misura
il più piccolo atto di carità.
-
In verità vi dico, insegna Gesù Cri-sto, che chi avrà dato per amor mio un
bicchiere di acqua, non ne perderà la ri-compensa.! -
Dall'alto
di una collina, poco distante dalla strada ferrata, si ode un acuto fi-schio:
è il treno che passa. Sbuca da una galleria e con velocità sorprendente va da
una città all'altra, trascinando una lunga fila di vagoni. Centinaia e centi-naia
di tonnellate, merce e passeggeri, sembra abbiano perduto il peso natura-le.
Oggi siamo abituati a veder correre le locomotive e perciò proviamo poca im-pressione;
nei primi tempi la meraviglia era grande.
Qual
è il segreto della locomozione? E' il fuoco, che continuamente arde nella
caldaia della macchina. Spegniamo que-sto fuoco e il treno resta immobile.
La
vita è un viaggio difficoltoso; per compierlo bene, è necessario un fuoco
particolare: il fuoco dell'amor di Dio. Senza di esso, il treno morale si ferma.
I
Santi ardevano d'amore di Dio e per questo la loro vita era feconda di bene e
superavano serenamente le più aspre difficoltà.
San
Domenico Savio aveva in cuore la fiamma ardente del divino amore e co-loro che
l'avvicinavano se ne accorgeva-no subito. La fiamma riscalda, illumina e riduce
in cenere il duro legno; così l'a-more di Dio che ardeva in petto a Do-menico,
lo rendeva fervoroso, zelante, e-semplare e forte a vincere le tendenze della
corrotta natura. Chi ama... non sen-te la fatica; se qualche volta la sente, ri-volge
il suo amore alla stessa fatica.
Amare
Dio! Quale onore per la misera creatura umana poter dire: Posso ama-re Dio...
l'Onnipotente... e posso chia-marlo Padre!
Purtroppo
nel mondo si corre dietro ai falsi amori e si ha il cuore inquieto! Ma chi
rivolge a Dio i palpiti del suo cuore, trova la vera pace. Domenico rinunziò
agli amori terreni e diede il suo cuore a Dio; per questo fu felice in terra.
Dice San Giovanni Bosco: Domenico Savio era sereno in volto, sorridente con
tutti e passava felicemente i suoi giorni. - Fortunati i Santi!
SOFFRO...
QUALCHE BENE!
- Il Sacerdote era montato sul pulpito. La Chiesa, rigurgitante di giovanetti,
presentava uno spettacolo edificante: tutti silenziosi, raccolti, avidi di ascol-tare
la parola di Dio. Spiccava fra tutti Domenico Savio, il cui contegno era an-gelico;
per lui stare in Chiesa era lo stes-so che stare davanti alla Divinità, che
vedeva con la fede viva e sentiva fortemente in tutto il suo essere.
Il
predicatore iniziò il suo discorso sul tema: « E' volontà di Dio che ci
faccia-mo Santi ». S'intratteneva poi sulla fa-cilità di santificarsi e sul
premio grande preparato in Cielo a chi si fa Santo.
Domenico,
che già da tempo nutriva proponimento di santificarsi, ne fu in-fiammato di più.
- Farmi Santo! Sì, Id-dio lo vuole! E' possibile la santità! Ama-re Dio,
amarlo con tutto il cuore, aspi-rare a Lui solo! - Questi pensieri in Do-menico
non furono fugaci. L'amore di Dio lo pervadeva sempre di più e diven-ne un
assillo il pensiero di santificarsi. Per qualche giorno non disse nulla; lo si
vedeva però meno allegro del solito ed assorto in gravi pensieri. Se ne
accorsero i compagni e se ne accorse anche Don Bosco, il quale, credendo che il
fanciullo soffrisse in salute, gli disse: Domenico, soffri qualche male? - No,
rispose, io soffro qualche bene! - Cosa vorresti di-re? - Voglio dire che sento
un desiderio ed un bisogno di farmi. Santo! Ma dica come debbo regolarmi per
incominciare tale impresa! -
Don
Bosco lodó il suo proposito, gli diede ottimi suggerimenti e gli racco-mandò
di non inquietarsi nello spirito. Il grande Educatore lo teneva d'occhio a
preferenza degli altri, conoscendo che stoffa fosse il Savio.
Un
giorno Don Bosco gli disse: Dome-nico, voglio farti un regalo! Dimmi che cosa
desideri!
-
Don Bosco, io non voglio scegliere il regalo. Faccia lei!
-
Desidero invece che la scelta la fac-cia tu!
-
Quando è così, ecco la scelta: Il re-galo che chiedo è che mi faccia Santo.
Io voglio darmi tutto al Signore, per sempre al Signore e sento il bisogno di
farmi Santo. Se non mi santifico, io non faccio niente. Iddio mi vuole Santo ed
io devo farmi tale! -
La
forte tenacia nei propositi fece sì che il Savio intensificasse la vita spiri-tuale,
cioè l'unione con Dio e lo spirito di sacrificio, e perseverò tutti i giorni
senza rallentare.
Questo
fu il frutto di una predica ben ascoltata e molto meditata! Il granellino di
senapa' cadde in buon terreno e diven-ne un albero.
Quanti non sanno ascoltare le predi-che, perchè lasciano morire le ispirazio-ni che Iddio manda! Ricordiamo tutti che una predica potrebbe dare dei Santi alla Chiesa!
CHI
E' QUEL FANCIULLO?
- Il pensiero costante di divenire Santo, portava Domenico ad un'intima unione
con Dio. Quando si ama fortemente, non si può non pensare alla persona amata;
il tempo più bello è quello che si trascor-re in compagnia di chi si ama.
Così
il Savio era felice di pensare a Dio e d'intrattenersi con Lui per mezzo del-la
preghiera e delle ferventi aspirazioni.
La
preghiera di Domenico era qualche cosa di particolare; il suo atteggiamento
devoto ne era indice. Allorché il conte Cays andò all'Oratorio e prese parte
alle funzioni dei giovani, il suo sguardo fu attratto da uno solo fra centinaia
di.gio-vanetti.
- Chi è quel fanciullo, chiese ad un Superiore, che sta così bene in Chiesa e prega come un Angelo? - E' un certo Domenico Savio! - Come mi ha edifi-cato quest'oggi col suo contegno in Chie-sa! Costui sì che sa pregare! -
San
Giovanni Bosco fa il ritratto del Savio. Egli dice:
-
Fra i doni, di cui Iddio lo arricchi, era eminente quello del fervore nella
preghiera. Quando pregava in comune, stava immobile e composto a devozione in
tutta la persona, senza appoggiarsi al-trove, con la faccia sorridente, col
capo alquanto chino e con gli occhi bassi. Si sarebbe detto un altro San Luigi.
-
MI
ASSALGONO LE "DISTRAZIONI"
- Era un divertimento il contemplare i giovani durante la ricreazione nell'Ora-torio
di Don Bosco! Tutti parlavano o cantarellavano o correvano o inseguiva-no la
palla o camminavano sui trampo-lini o giravano al passo volante o si cul-lavano
sull'altalena. Don Bosco lo rac-comandava sempre: Giocate, saltate, purché non
facciate peccati! Non state fermi, perchè l'acqua ferma marcisce! Che il
demonio vi trovi sempre allegri ed occupati!
I
giovani andavano incontro al desi-derio di Don Bosco. Ordinariamente chi gioca,
resta così assorbito dal diverti-mento, che dimentica tutto.
Anche
Domenico Savio giocava e più degli altri; e quando vedeva un gruppet-to in
ozio, si avvicinava ed esortava a giocare. Ma anche durante il giuoco il suo
pensiero era rivolto a Dio, centro del suo amore. Sul più bello della ricreazio-ne,
sospendeva il giuoco, voltava altrove lo sguardo e passeggiava da solo. Inter-rogato
perchè lasciasse così i compagni, rispondeva: Mi assalgono le solite distra-zioni.
Mi pare che il Paradiso si apra sul mio capo ed io devo allontanarmi dai
compagni, per non dir loro cose che for-se essi metterebbero in ridicolo! -
Queste
parole del Santo lasciano in-travvedere che di tanto in tanto il suo spirito
immerso in Dio era ammesso a contemplare delle visioni particolari.
IMMOBILE...
ESTATICO
- Un superiore era nel cortile tra i gio-vani; costoro si erano stancati di
giocare e stavano attorno a lui, come figliuoli at-torno al padre. Il superiore
approfittò per rivolgere una buona parola. Anche Domenico era presente.
- Cari giovani, non bisogna far pec-cati; Iddio si dispiace. Fortunati coloro che mai in vita commettono un peccato mortale, specialmente contro la purezza! Iddio ha preparato in Cielo un grande premio a coloro che conservano la stola dell'innocenza. GI'innocenti in Paradiso saranno i più vicini alla Persona del Di-vin Salvatore e gli potranno cantare in eterno speciali inni di gloria! -
Domenico a queste parole sollevò la mente al Signore, rimase immobile e per-dette la sensibilità, tanto che si abban-donò come morto tra le braccia di uno degli astanti. Questi rapimenti di spirito o estasi, gli accadevano anche mentre studiava o era a scuola.
LO
DICA A PIO IX!
- Perchè si abbia un'idea di queste esta-si, che il Santo per umiltà chiamava
«di-strazioni», ne riporto qualcuna.
-
Se potessi vedere il Papa, diceva Do-menico, gli direi una cosa di grande im-portanza!
-
E che cosa, soggiungeva Don Bo-sco, che cosa gli vorresti dire?
-
Vorrei dirgli che in mezzo alle tri-bolazioni che lo attendono, non cessi di
occuparsi con particolare sollecitudine dell'Inghilterra; Iddio prepara un gran-de
trionfo al Cattolicesimo in quel regno.
-
E sopra quali segni poggi tu que-ste parole?
-
Lo dico, ma non vorrei che lei ne fa-cesse parola ad altri, per non espormi
forse alle burle. Se però lei andrà a Ro-ma, lo dica a Pio IX. Ecco adunque.
Un mattino, mentre facevo il ringraziamen-to alla Comunione, fui sorpreso da
una forte « distrazione » e mi parve di vede-re una vastissima pianura, piena
di gente avvolta in densa nebbia. Tutti cam-minavano, ma come uomini che, smar-rita
la via, non vedono più dove mettere il piede. - Questo paese, mi disse uno che
mi era vicino, è l'Inghilterra. - Men-tre volevo domandare altro, vidi il Som-mo
Pontefice Pio IX. Egli maestosamen-te vestito, portando una luminosa fiac-cola
tra le mani, si avanzava verso quel-la turba immensa di gente. Di mano in mano
che si avvicinava il chiarore di quella, fiaccola, spariva la nebbia e gli
uomini restavano nella luce come dì mezzogiorno. - Questa fiaccola, mi dis-se
l'amico, è la Religione Cattolica che deve illuminare gl'inglesi. -
Don.Bosco
diede molta importanza al-la visione del Savio ed essendo poi an-dato a Roma,
raccontò tutto al Papa, il. quale ascoltò con bontà e piacere. Pio IX
soggiunse: Questo mi conferma nel mio proposito di lavorare energicamente a
favore dell'Inghilterra, a cui ho rivolto già le mie più vive sollecitudini. -
DOMENICO,
CHE COSA FAI?...
San Giovanni Bosco aveva terminato la Messa e si era fermato in sacrestia per il
ringraziamento. Or mentre si dispone-va ad uscire, udi una voce nel coro, co-me
di persona che disputasse. - Chi è che parla in Chiesa?... I giovani sono già
a colazione! - Così dicendo, andò nel coro.
Domenico
Savio era davanti al Taber-nacolo; parlava e poi si arrestava come per dar
tempo alla risposta.
Don
Bosco dapprima non volle distur-barlo. Domenico diceva intanto: Sì, mio Dio,
ve l'ho già detto e ve lo dico di nuo-vo!... Se voi vedete che io debba offen-dervi,
mandatemi la morte! Sì, prima la morte, ma non peccare!...
-
Domenico, che cosa fai?
-
Oh, povero me! Mi salta una «di-strazione » e perdo il filo delle mie pre-ghiere;
mi pare di vedere cose tanto bel-le, per cui le ore sfuggono come un mo-mento!
-
Don
Bosco si confermò sempre più che quel « Candido Giglio » era ricreato da
celesti visioni.
E'
QUI! -
Si bussò alla porta; Don Bosco era a tavolino, immerso nel quotidiano lavoro. -
Avanti!
-
Oh, Don .Bosco, disse Domenico, venga, venga presto con me! C'è un'ope-ra
buona da compiere!
-
E dove vuoi condurmi?
- Faccia presto, faccia presto! - -Don Bosco esitava ad accondiscende-re; ma, conoscendo intimamente il Sa-vio, si decise ad uscire.
Domenico
avanti e Don Bosco lo se-guiva. Durante il tragitto il giovanetto taceva; passò
per una via, poi per un'al-tra ancora. Infine entrò in un palazzo, sa-li al
terzo piano e suonò il campanello.
-
E' qui, Don Bosco, che lei deve en-trare! - Detto ciò, Domenico ritornò al-l'Oratorio.
Don
Bosco rimase in attesa dietro la porta. Si presentò una signora, ché escla-mò:
Oh, un Prete! Meno male! Presto, presto, altrimenti non si fa più in tem-po!
Mio marito ebbe la disgrazia di far-si protestante; ora è in punto di morte e
domanda per pietà di poter morire da buon cattolico! -
Don
Bosco si recó al letto dell'infermo; poté regolare con la massima sveltezza i
conti di quell'anima... e presto l'infermo spirò.
Don
Bosco restò colpito da questo fatto. - Come poteva sapere il mio Dome-nico
esservi questo moribondo? Indovi-nare con tanta esattezza la via ed il nu-mero
dell'abitazione? Vorrò chiedergli spiegazione!
Il
Savio aveva compiuto la sua opera di carità e non fece parola ad alcuno di
quanto era avvenuto tra lui e Don Bo-sco. Ma questi volle interrogarlo:
-
Domenico, come hai saputo che c'era quel moribondo? -
Il
giovanetto abbassò gli occhi.
-
M'interesserebbe, continuò Don Bo-sco, saperne qualche cosa! - Domenico allora
fissò lo sguardo sul suo volto con aria di dolore e scoppiò in pianto.
Don
Bosco comprese che il Savio ave-va avuta una rivelazione da parte di Dio e
credette bene non chiedergli altro.
NON
C'E' ALCUNO!
Infieriva a Torino il colèra; le vittime erano numerose.
Domenico
pregava perché cessasse quel flagello e domandava a Dio grazia per i moribondi.
Una visione lo spinse a compiere un atto pietoso.
Attraversò
una via e si fermò davanti ad un portone. - Certamente, disse, è questa la
casa! -
Bussó,
ed essendosi presentato un uo-mo, il Savio chiese: In questa abitazione c'è
qualche persona che sta per morire?
-
Mai più! Ci abito io soltanto; ho nessuno con me in casa!
-
Eppure, qui dentro c'è qualcuno in agonia!
-
Ma che cosa ti è saltato in testa? Ti sbagli!
-
Per carità, non inquieatevi! Fate il piacere di accertarvi! -
Quell'uomo,
meravigliato della serietà del giovanetto ed anche per toglierselo dai piedi,
soggiunse: Non mi credi? En-tra ed osserva le mie stanze! Ti farai su-bito
persuaso! -
Domenico fece un rapido giro per tut-te le stanze e non trovò alcuno.
-
Hai visto, disse il padrone, che sono solo?
-
Non può essere! Qui dentro c'è qual-che anima prossima a partire per l'eter-nità!
Non ci sono per caso altre came-rette?
-
No! C'è soltanto un bugigattolo vici-no alla scala; là dentro però non c'è
alcu-no, perché la serva ancora non è tornata da casa sua. Costei ogni
pomeriggio va via e ritorna l'indomani.
-
Potrei vedere questo locale?
-
Andiamo! -
Gettata
sopra un misero giaciglio, la serva colpita dal coléra lottava con la morte. La
sera precedente non aveva a-vuta la forza di andare a casa ed era ri-masta lì,
all'insaputa del padrone.
Domenico
mandò un sospiro: Ci sia-mo!... Buona donna, fatevi coraggio! Il padrone vi
darà la sua assistenza; io in-tanto corro a chiamare un Sacerdote! -
Il
Ministro di Dio ebbe il tempo di amministrare gli ultimi Sacramenti e la donna
moriva nel bacio del Signore.
E'
FINITA LA MESSA?...
Il pranzo era terminato. I giovani del-l'Oratorio erano già andati in cortile.
Il superiore era in pensiero, perchè un as-sistente gli aveva detto che non si
riu-sciva a trovare Domenico Savio.
-
Da quanto tempo è assente?
-
Da questa mattina. A colazione non venne; a scuola neppure; a pranzo non c'era.
-
Penserò io a farne le ricerche! - Il direttore ebbe un sospetto: Chi sa che non
sia in Chiesa? Voglio vedere! - Il sospetto fu realtà.
Andò
nel coro e vide Domenico Savio fermo, immobile come un sasso. Egli te-neva un
piede sull'altro, una mano pog-giata sul leggio dell'antifonario, l'altra mano
sul petto e la faccia fissa e rivolta verso il Tabernacolo. Non moveva pal-pebra.
-
Domenico! Domenico!... - Ma il giovanetto non rispondeva. Allora lo ri-scosse e
Domenico gli rivolse lo sguardo. - Ma vieni con gli altri compagni!
-
Oh! E' già finita la Messa?
-
La Messa? Ma sono già le due del pomeriggio!
-
Chiedo perdono di questa trasgres-sione! Facendo il ringraziamento della
Comunione, mi sono distratto!
-
Ebbene, va' a pranzare e se qual-cuno ti dirà: Donde vieni? - risponde-rai
che vieni da eseguire un mio coman-do! -
Chi
potrebbe esprimere ciò che sia pas-sato tra Domenico Savio e Gesù appena
fatta la Comunione? Sei ore di ringra-ziamento!...
Quante
anime dovrebbero umiliarsi da-vanti a questo episodio! Quanti ricevono la Santa
Comunione e non si sanno rac-cogliere pochi istanti! Non sanno chie-dere nulla
al Re del Cielo! Quanti ridu-cono il ringraziamento della Comunione a pochi
minuti e trattano Gesù da «ospi-te importuno»! Manca la fede, oppure è
molto languida.
COME
SEI ESAGERATO!
- La fede eucaristica quanto piace a Dio e quale gioia apporta all'anima!
Domenico ardeva abitualmente d'amor di Dio, ma quando si trovava davanti al
Tabernacolo o davanti al Santissimo Sa-cramento portato come Viatico, diveniva
un Serafino; divampava nel suo cuore lo slancio verso Gesù... e si affliggeva
della indifferenza altrui, frutto di poca fede.
Quanto
sto per esporre è prova della sua grande fede eucaristica.
Pioveva
a dirotto. Il Parroco, saputo che un moribondo voleva comunicarsi, si accinse a
portare solennemente il Viati-co. Pochi fedeli tenevano compagnia a Gesù
durante il percorso. Il suono del campanello annunziava il passaggio del
Santissimo Sacramento; i pochi passan-ti, poiché pioveva, si contentavano di
scoprire il capo.
Domenico Savio, al suono del campa-nello, capi essere Gesù Sacramentato molto vicino e si diresse verso il piccolo corteo.
Passava
Gesù... il Re dei re, il centro del suo amore! Era necessario dimostra-re
anche esternamente la fede. Domeni-co pensò: Devo inginocchiarmi... sono
davanti al mio Gesù! - Intanto conti-nuava la pioggia e la strada era fango-sa;
non c'era un sito adatto per inginoc-chiarsi. L'amore è cieco; supera gli osta-coli.
Si
mise ginocchioni sulla fanghiglia, giunse le mani, abbassò il capo e comin-ciò
a pregare.
Passato
il Santo Viatico, un tale rim-proverò Domenico per la sua condotta. - Come sei
esagerato!... Perchè ingi-nocchiarti così, mentre piove e c'è fan-go?
-
Perchè passa Gesù!
-
E val la pena imbrattare così gli abiti? Il Signore non comanda tali cose! -
Ginocchia e calzoni, rispose il Sa-vio, è tutto del Signore; perciò tutto de-ve
servire a rendergli onore e gloria. Quando passo vicino a Gesù, non solo mi
getterei nel fango per onorarlo, bensì mi precipiterei in una fornace, perchè
così sarei fatto partecipe di quel fuoco di carità infinita, che lo spinse ad
isti-tuire questo gran Sacramento! -
Quanta
fede e quanto amore nell'ani-ma del Santo! Meditino bene questa le-zione
coloro che in Chiesa non osano in-ginocchiarsi davanti al Santissimo Sa-cramento!
Si compie la Consacrazione nella Messa, si amministra la Comunione ai fedeli, ha
luogo la Benedizione Eu-casistica, e certi fedeli stanno a sedere o, al
massimo, si rizzano in piedi! Si com-portano così per non sporcare gli
abiti?... Si fanno compatire! Agiscono per rispet-to umano? Peggio
ancora!
COLORO
CHE MI ONORERANNO...
La
devozione a Maria Santissima è un segno di predestinazione. I fedeli tutti
sentono verso la Madre di Dio tanto tra-sporto e moltiplicano gli atti di
ossequio verso la Regina del Cielo. Non si può con-cepire una anima che ami
Gesù e non ami la sua Santissima Madre.
San Domenico Savio era innamorato della Madonna. e non sapeva più che co-sa fare per renderle onore. Da bambino aveva imparato ad amarla; crescendo ne-gli anni, crebbe in lui anche questo amo-re; e se il Santo fece tanto progresso nel-la vita spirituale, deve attribuirsi alla protezione particolare della Vergine San-tissima.
AMORE OPEROSO - Ogri giorno Domenico faceva una mortificazione particolare per rendere omaggio alla Mamma Celeste.
Più
volte al giorno invitava ora que-sto ora quel compagno ad andare in Chie-sa;
s'inginocchiava all'Altare della Ma-donna e là s'intratteneva in amorose
aspirazioni.
Ogni
mercoledi riceveva la Santa Co-munione in onore della Vergine Santis-sima,
affinché si convertissero i peccatori.
Ogni
venerdi recitava la corona dei sette Dolori di Maria.
Al
sabato si comunicava per ottenere la protezione della Madonna in vita ed in
morte.
Se
scriveva, metteva un pensiero sulla Madonna; se cantava, sul suo labbro c'e-ra
qualche lode mariana; se raccontava dei fatti ai compagni od ai parenti, per lo
più erano grazie o miracoli operati per mezzo di Maria Santissima.
Si
svegliava al mattino ed il suo pen-siero volava a Gesù ed alla sua Divina
Madre; prendeva riposo e si metteva sot-to il manto di Maria.
Ma
più che con le parole, onorava la Madonna con la sua vita, vita di esem-plarità
e di purezza.
Vita
di purezza! Quanti falsano la de-vozione a Maria Vergine! Credono di es-sere
veri devoti della Regina del Cielo per il fatto che recitano ogni giorno il
Rosario e portano al collo la sua meda-glia!... Ma se non praticano bene la pu-rezza,
non hanno vera devozione a Ma-ria!
IL
GIORNO DELL'IMMACOLATA
- Era l'anno 1854. Il mondo cattolico era in santo fermento, perché si
avvicinava il giorno della solenne proclamazione del Domma dell'Immacolata
Concezione.
Domenico
pregustava la gioia dell'otto dicembre e pensò di prepararsi degna-metne.
Mancava circa una settimana e mez-za alla data memorabile. Si mise a tavo-lino, dopo aver invocata l'assistenza del-la Madonna, e scrisse nove fioretti su pezzettini di carta. - Ogni giorno della novena di preparazione, disse, prenderò a sorte un fioretto e lo praticherò bene per amore di Maria Santissima. - Durante la novena fece la sua confes-sione generale e così poté offrire il cuore alla Madonna nella più grande purezza. Il giorno della festa, otto dicembre, fi-nite le sacre funzioni, Domenico restò so-lo nella Casa di Dio, andò a prostrarsi davanti all'Altare di Maria, rinnovò le promesse fatte nel giorno della Prima Comunione, di poi disse più e più volte queste precise parole: «Maria, vi dono il mio cuore! Fate che sia sempre vostro! Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei! Per pietà, fatemi morire piuttosto che mi accada la disgrazia di commet-tere un solo peccato!».
Con
quale occhio di compiacenza la Madonna avrà mirato Domenico Savio in quei
momenti!
ECCOTI
I MIEI!
- L'amore è diffusivo; il nostro Santo onorava la Madonna e s'industriava per-chè
altri facessero altrettanto.
-
Amico mio, disse un giorno Dome-nico, vieni con me!
-
Dove?
-
In Chiesa, a pregare la Madonna. - Ma sempre in Chiesa dobbiamo sta-re?
Lasciami giocare un poco.
-
Dopo continuerai a giocare. Sai quanto gradisce la Vergine una visitina!
Reciteremo assieme il Vespro in suo onore.
-
Ma io sento freddo! A stare fermo in Chiesa il freddo si avverte di più. - Hai
ragione! Ma faremo presto! - Veramente... ho poca voglia... sento molto freddo
alle mani... ho i geloni... - A questo possiamo rimediare! Ec-coti i miei
guanti; io non soffro tanto il freddo! -
Il
compagno non poté trovare altra scusa e segui Domenico in Chiesa.
INIZIATIVA
SANTA
- Dice San Giovanni Bosco: Tutta la vi-ta del Savio si può dire essere stata
un esercizio di devozione verso Maria San-tissima. Non lasciava sfuggire
occasione per tributarle qualche omaggio.
La
fiamma dell'amore verso la Vergine gl'ispirava sempre nuove cose. Pensò un
giorno: Che cosa potrei fare per spin-gere gli altri alla devozione a Maria? La-vorerò
per formare tra i miei compagni una piccola società religiosa, che dovrà
chiamarsi « Compagnia dell'Immacolata Concezione ». I soci saranno scelti tra
i giovani più buoni. Lo scopo dev'essere di meritare l'assistenza della Madre
di Dio in vita e specialmente in punto di mor-te. -
Lietissimo di questo progetto, ne par-lò ai superiori, i quali lodarono ed ap-provarono l'iniziativa. Il Santo si mise anima e corpo a formulare un program-mino di vita per i soci, ma il tutto imperniato ad esercitare e promuovere pra-tiche di pietà in onore di Maria Imma-colata ed a frequentare la Santa Comu-nione, menando una vita esemplare.
La
Regina del Cielo benedisse l'iniziativa. Ormai da più di un secolo negl'Isti-tuti
di San Giovanni Bosco esiste la Com-pagnia dell'Immacolata Concezione ed i
giovani più buoni sono orgogliosi di ap-partenervi.
Tanti
atti di ossequio a Maria, meri-tarono al Savio un'assistenza particolare
nell'ora della morte e passò all'altra vita in modo invidiabile.
«Coloro
che mi onoreranno, avranno la vita eterna!».
Tutti
dovremo trovarci sul letto di mor-te. Dal momento della morte dipende la
eternità. In quei momenti estremi è ne-cessaria l'assistenza della Madonna.
Per questo la Santa Chiesa fa ripetere ai fe-deli nella seconda parte dell'Ave
«Santa Maria... prega per noi adesso e nell'ora della nostra morte ».
Come
meritarci si grande protezione? Con una santa vita, con la illibatezza dei
costumi, con la recita del Rosario. Vor-rei però suggerire a tutti una
pratica: Fare ogni sabato un'opera buona parti-colare ad onore di Maria
Santissima; per avere la sua assistenza in punto di mor-te. Tale opera buona si
sappia scegliere, anche con l'aiuto del Confessore. Quan-do saremo sul letto di
morte, la Mamma Celeste, memore di quanto abbiamo fat-to per lei, sarà vicina
a noi e non per-metterà che Satana ci trascini alla per-dizione.
San
Giovanni Bosco raccomandava an-che a tale scopo la recita di tre Ave, ogni sera
prima di prendere riposo, con la gia-culatoria: «Cara Madre, Vergine Maria,
fate che io salvi l'anima mia».'
CANTARE
ETERNAMENTE
- La morte venne nel mondo in conse-guenza del peccato; essendo perciò con-tro
natura, è molto dolorosa. Chi può de-scrivere le sofferenze di certi
moribondi? Dolori fisici, separazioni amarissime, ri-morsi, preoccupazioni per
il giudizio di-vino! L'ora della morte suole essere l'ora dello strazio.
Iddio
può permettere che anime pie sul letto di morte abbiano a subire terri-bili
tentazioni; il demonio lancia le ulti-me saette contro le anime fedeli. Questo
può avvenire, come dice San Giovanni Bosco, per purificazione dell'anima stes-sa,
prima di presentarsi al divin tribu-nale.
Domenico
Savio non provò le pene del-l'agonia; la sua morte fu un dolce tran-sito; era
ancora sul letto di morte e già pregustava le gioie celesti.
Tanti si preparano alla morte, se ne hanno la possibilità, nell'ultima grave malattia; ma questa preparazione pros-sima suole essere raffazzonata. Il Savio si apparecchiò a ben morire molti anni prima; il pensiero della morte gli era abi-tuale. - Morire... lasciare questo corpo... volare a Dio... vedere la Madre Celeste... stare in compagnia degli Angeli... non es-sere più in pericolo di peccare!... -
Queste
riflessioni facevano sì che Do-menico stesse sempre in grazia di Dio, che
lavorasse molto per arricchirsi dei tesori celesti, che stesse sempre allegro e
che desiderasse ardentemente di la-sciare questa terra di esilio.
Morire
a 15 anni... mentre sorride la vita... quale sacrificio! Così pensano i
mondani, ma non i Santi!
NE
SAPEVA IL GIORNO
- Afferma San Giovanni Bosco: Non è difficile che Iddio abbia annunziato a Do-menico
il giorno della sua morte. Ciò si può arguire dal fatto che egli ne parlava
molto tempo prima che quella avvenisse e faceva ciò con tale chiarezza di rac-conto,
che meglio non avrebbe fatto chi ne avesse parlato dopo la morte di lui. -
Ogni mese nell'Oratorio si compiva il pio esercizio della Buona Morte. Don Bo-sco annetteva molta importanza a que-sta pratica e desiderava che ogni giova-ne, almeno una volta al mese, regolasse la coscienza come se stesse per morire. Faceva recitare anche un Pater, Ave e Gloria per colui che sarebbe stato il pri-mo a morire.
Domenico
eseguiva esattamente ogni mese le norme del pio esercizio. L'ultimo mese di sua
vita disse: Questa volta in-vece di recitare il Pater, Ave e Gloria per uno in
generale, si dica: « Per Domenico Savio». Egli era sicuro che prestissimo
sarebbe morto.
CHE
PERLA PREZIOSA!
- Domenico deperiva sempre più. Don Bosco l'aveva dispensato dallo studio; ma
non era sufficiente; da buon padre s'interessò perchè ci fosse un consulto
medico.
La
cameretta acquistò un aspetto se-vero: alcuni dottori, Don Bosco a fianco e
Domenico pronto ad essere esaminato.
Uno
dei medici interrogò il giovane ammalato. Una risposta svelta e spiri-tosa
mise in tutti il buon umore.
Il
secondo medico volle anche interro-garlo. Un'altra risposta gioviale e piena di
assennatezza.
Il
dottore Francesco Vallauri, preso da ammirazione, esclamò: Che perla, prezio-sa
è mai questo giovanetto! -
Don
Bosco domandò ai dottori quale fosse l'origine del suo male.
-
E' la sua gracile complessione, l'in-telligenza precoce e la continua tensione
di spirito.
-
E quale rimedio potrebbe essergli maggiormente utile?
-
Lasciarlo andare in Paradiso!... Po-trebbe prolungargli la vita l'aria natia ed
il riposo completo. -
Intanto
Domenico ascoltava con gioia queste parole. I medici erano convinti che lui
sarebbe morto presto ed egli ne era più convinto di loro.
OH,
QUESTO POI NO!
- Il povero fabbro, Carlo Savio, avvisato da Don Bosco, era andato all'Oratorio
a rilevare il figlio. Don Bosco, nel conge-darlo, disse: Caro il mio Domenico,
fa' coraggio! Presto ti rimetterai in salute e ritornerai qui, a saltare con i
tuoi compagni ! La mamma ti attende a casa; non ti farà mancare niente e le sue
premure ti faranno guarire più presto!
Domenico,
tenendo la mano di Don Bosco poggiata sul petto, pensava a ben altro che alla
guarigione ed al ritorno; il suo volto era triste.
-
Perchè vai a casa così di mal ani-mo, mentre dovresti andarci con gioia, per
godervi la compagnia dei tuoi amati genitori?
- Perchè desidero terminare i miei giorni nell'Oratorio. Lei dunque non vuo-le questa mia carcassa ed io sono costret-to a portarmela a Mondonio. Il disturbo sarebbe di pochi giorni... poi sarebbe tut-to finito! Tuttavia, sia fatta la volontà di Dio!
-
Beh, sta' allegro! Andrai a casa e dopo che ti sarai alquanto ristabilito in
salute, ritornerai.
-
Oh, questo poi no, no! - Io me ne vado e non tornerò più! Piuttosto mi di-ca,
Don Bosco, qual è la cosa migliore che possa fare un ammalato per acqui-stare
merito davanti a Dio?
-
Offrire spesso a Dio quanto egli soffre.
Quale
altra cosa potrebbe ancora fare?
-
Offrire la sua vita al Signore.
-
Posso essere certo che i miei pec-cati mi sono stati perdonati?
-
Te lo assicuro in nome di Dio!
-
Posso star certo di essere salvo?
-
Sì, mediante la divina misericordia, la quale non ti manca.
-
E se il demonio venisse a tentarmi, che cosa gli dovrei rispondere?
-
Gli risponderai: Ho venduto l'ani-ma a Gesù Cristo ed Egli l'ha comprata col
suo Sangue! E tu, demonio, che cosa hai fatto per l'anima mia?
-
Dal Paradiso potrò vedere i miei compagni dell'Oratorio ed i miei geni-tori?
-
Sì, e vedrai anche altre cose mille volte più belle! -
Alle
due del pomeriggio, il primo mar-zo del 1857, Domenico Savio lasciava
l'Oratorio di Don Bosco, ove aveva trascorsi tre anni in un continuo lavoro di
studio e di vita spirituale. Diede l'addio ai com-pagni, baciò fortemente la
mano a Don Bosco per l'ultima volta e lentamente si incamminò a fianco del
babbo, mentre gli occhi commossi rivelavano l'amba-scia del suo cuore.
ORA
SONO CONTENTO!
- Figlio mio, te lo dicevo prima di partire da Torino: In famiglia ti rimet-terai
presto! Ed ora godo a vederti più sollevato!... Il medico stesso ha detto che
la malattia volge in meglio!
-
Babbo mio, è bene fare i conti con il medico del corpo; ma è assai meglio fare
i conti con il medico dell'anima! Io desidero confessarmi e comunicarmi! -
I genitori, che già constatavano il mi-glioramento, accolsero con un po' di pe-na tale proposta; tuttavia chiamarono il Prevosto.
-
Domenico, disse il Prevosto, ti con-fesso perché è cosa ottima l'assoluzione
sacramentale. Per la Comunione non darti pensiero! La farai qualche altro giorno
e speriamo che tu stesso possa venire in Chiesa a comunicarti.
-
No, Padre; desidero Gesù! Questa per me non sarà una semplice Comunio-ne...
sarà il Viatico! -
Il
Prevosto, meravigliato di questo par-lare, dopo averlo confessato, gli diede il
Santo Viatico.
Per
Domenico la Comunione era sem-pre un tempo di Paradiso. Ma quale sarà stato il
suo fervore nell'ultima Comunio-ne? Chi potrebbe ridire gli slanci di te-nero
affetto verso Gesù?
Richiamò
allora alla mente le promes-se della Prima Comunione. Disse più vol-te: Sì,
si, o Gesù, o Maria, voi siete ora e sempre gli amici dell'anima mia. Mo-rire,
ma non peccare! -
Finito
il ringraziamento, si rivolse ai presenti: Ora sono contento! E' vero che devo
fare il viaggio dell'eternità, ma con Gesù in compagnia ho nulla da temere!
Oh,
ditelo sempre, ditelo pure a tutti: Chi ha Gesù per suo amico e compagno, non
teme più alcun male, nemmeno la morte! -
O
DIO, TI RINGRAZIO!
- Esternamente nulla faceva presagire prossima la fine. Il medico disse: Rin-graziamo
la Divina Provvidenza! Siamo a buon punto! Il male è già vinto e c'è solo
bisogno di fare una convalescenza giudiziosa. -
Domenico a queste parole cominciò a ridere e soggiunse: Il mondo è già finito; ho solo bisogno di fare una giudiziosa comparsa davanti a Dio! Ora chiamate il Prevosto; che venga a somministrar-mi il Sacramento dell'Olio Santo! -
Per
accontentarlo i genitori si affret-tarono a chiamare il Sacerdote, ma in cuor
loro avevano molta speranza, dietro l'assicurazione del medico.
Allorché
il Prevosto si dispose a fare le sacre unzioni, l'infermo disse: Mi sia permesso
d'innalzare una preghiera a Dio, prima di ricevere questo Sacramen-to!... O
Signore, perdonate i miei pecca-ti; io vi amo, vi voglio amare in eterno!
Questo Sacramento, che nella vostra mi-sericordia permettete che io riceva, can-celli
dall'anima mia tutti i peccati com-messi con i sensi! Siano santificati il mio
corpo e l'anima mia dai meriti della vo-stra Passione. Amen! -
Dopo
l'Olio Santo ricevette anche la Benedizione Papale con l'indulgenza ple-naria.
- O Dio, esclamò, vi ringrazio... per sempre vi ringrazio! -
Un'ora
e mezza prima che spirasse, il Prevosto era al suo capezzale. L'infermo non
cessava di emettere fervorose gia-culatorie e manifestava l'ardente deside-rio
di andare presto in Cielo.
-
Ma che cosa, esclamò il Sacerdote, che cosa si può suggerire ad agonizzanti di
questa specie?
-
Signor Prevosto, mi dia qualche buon pensiero... qualche ricordo spiri-tuale!
-
Per me, non saprei cosa dirti!
-
Mi dia qualche ricordo, che mi con-forti!
-
Non saprei dirti altro se non che ti ricordi della Passione di Gesù Cristo!
-
Si, la Passione del Signore sia sem-pre nella mia mente, nella mia bocca e nel
mio cuore! Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi in quest'ultima agonia! Ge-sù,
Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia! -
Detto questo, si addormentò.
UN
ANGELO DI PIU' IN CIELO
- Da mezz'ora Domenica riposava. At-torno al suo letto stavano i parenti si-lenziosi.
I genitori guardavano il loro angioletto e sospiravano. Intanto l'infer-mo
riaprì gli occhi, volse lo sguardo agli astanti e disse:
-
Papà, finalmente ci siamo!
-
Eccomi, figlio mio! Che cosa ti ab-bisogna?
-
Mio caro papà... mia cara mamma... è già tempo!... Prendete il mio libro di
devozione... e leggetemi le preghiere del-la buona morte! -
La
mamma ruppe in pianto ed uscì dalla camera; al padre scoppiava il cuo-re per
il dolore e le lagrime gli soffoca-vano la voce; tuttavia, facendosi violen-za,
cominciò a leggere le preghiere. Alla fine di ciascuna parte, Domenico rispon-deva:
Misericordioso Gesù, abbiate pietà di me!
Allorché
il babbo disse: «Quando fi-nalmente l'anima mia comparirà davan-ti a voi e
vedrà per la prima volta lo splendore immortale della vostra mae-stà, non la
rigettate dal vostro cospetto, ma degnatevi di ricevermi nel seno amo-roso
della vostra misericordia, affinché io canti eternamente le vostre lodi »... a
questo punto Domenico esclamò: Questo è ciò che io desidero: cantare
eternamen-te le lodi del Signore! Addio, caro pa-pà... Addio mamma!... Oh,
che bella cosa io vedo mai!... -
Chiuse
gli occhi, mentre le labbra erano atteggiate a sorriso e rimase immo-bile con
le mani sul petto ìn forma di Croce...
Era
spirato!
Un
Angelo di meno sulla terra ed uno di più in Cielo!
DOMENICO
MIO...
- I genitori erano afllittissimi. L'unico conforto era il pensiero Domenico
visse bene, morì bene; dunque sarà salvo!
Tuttavia,
non conoscendosi i decreti di Dio, sorgeva loro qualche timore: Chi sa se ancora
non sia entrato in Cielo? E se fosse in purgatorio? -
Ma
il buon Dio volle consolare i pii ge-nitori.
Circa
un mese dopo la morte del figlio, Carlo Savio era a letto. La notte era
avanzata; il sonno però non veniva. Lo stanco fabbro si meravigliava di se stes-so:
Ma perchè non riesco a chiudere oc-chio? - All'improvviso una luce straor-dinaria
invase la cameretta. Carlo si sol-levò un po' sul letto e vide in mezzo a
quello splendore il suo Domenico. Il vol-to era giulivo; l'aspetto maestoso e
im-ponente.
Davanti a così sorprendente spettaco-lo, il povero uomo, fuori di sè per l'emo-zione, esclamò: Domenico mio! E dove sei? Sei già in Paradiso? - Sì, padre mio, io sono veramente in Paradiso! - Deh, se Iddio ti ha fatto tanto favore di poter andare a godere la felicità del Cielo, pre-ga per i tuoi fratelli e sorelle, affinché possano un giorno venire con te!
- Sì, si, padre, pregherò Dio per loro, affinché possano venire a godere l'immensa feli-cità del Cielo!
- Ma prega anche per me e per la tua madre!
- Sì, pregherò!...
Sparì
la luce e la camera ritornò nel-l'oscurità.
Il
padre del corpo era stato consolato. E Don Bosco, padre spirituale di Dome-nico,
rimasto tanto dolente per la sua di-partita, non poteva aspettarsi qualche
visita?... Anche Don Bosco lo vide e tan-ta gioia ne provò il suo cuore
paterno.
SONO
IO... DOMENICO SAVIO!
- La comunità dell'Oratorio di Torino era al completo davanti a Don Bosco;
questi, finite le preghiere della sera, mon-tò sulla cattedra e narrò
un'apparizione. Cosi parló ai giovani ed ai superiori:
-
Mi trovavo a Lanzo ed ero nella mia camera. D'un tratto mi vidi sopra una
collina. Lo sguardo si perdeva nell'im-mensità. La pianura che mi stava dinan-zi
era cerulea come il mare, ma quello che vedevo non era il mare. Quella pia-nura
era divisa da larghi viali in vastis-simi giardini; gli alberi, i frutti, erano
vaghissimi; le foglie erano d'oro, i tron-chi ed i rami di diamante ed il resto
cor-rispondeva a questa ricchezza.
Mentre . contemplavo questa bellezza, ecco diffondersi una musica soavissima. Erano centomila strumenti e tutti da-vano un suono differente l'uno dall'al-tro; a questi si univano i cori dei cantori. Mentre estatico ascoltavo la celeste ar-monia, ecco apparire una quantità im-mensa di giovani; la sterminata folla ve-niva verso di me. Alla testa di tutti avan-zava Domenico Savio. Tutti si fermarono davanti a me, alla distanza di otto o die-ci passi... Allora brillò un lampo di luce, cessò la musica e si fece profondo silen-zio.
Domenico
Savio si avanzò solo, di qual-che passo ancora, e si fermò vicino a me.
Taceva e mi guardava sorridente. Come era bello! Le sue vesti erano molto sin-golari.
La tunica candidissima, che gli scendeva sino ai piedi, era trapuntata di
diamanti ed era intessuta di oro. Un'am-pia fascia rossa cingeva i suoi
fianchi, ri-camata cosi di gemme preziose che una toccava quasi l'altra. Dal
collo gli pen-deva un monile di fiori pellegrini, ma non naturali; sembrava che
fossero di dia-manti uniti. Questi fiori risplendevano di luce. Il capo era
cinto di una corona di rose. La capigliatura gli scendeva on-deggiante giù per
le spalle e gli dava un aspetto così bello, così affettuoso ed attraente che
sembrava... sembrava un Angelo.
Io
ero muto e tremante. Allora Dome-nico Savio disse: Perché te ne stai muto ed
annichilito?
-
Non so cosa dire! Tu dunque sei Do-menico Savio?
-
Sono io! Non mi riconosci più? - E come va che ti trovi qui?
-
Sono venuto per parlarti! Tante volte ci siamo parlati sulla terra! Non ri-cordi
quanto tu mi amavi un giorno? Quante volte tu mi hai dato segni di a-micizia!...
Era tanto grande la mia con-fidenza in te! Perché dunque sei così sgo-mentato?
Fammi qualche interrogazione!
-
Io tremo, perchè non so ove sia!
-
Sei nel luogo della felicità, ove si godono tutte le gioie e le delizie.
-E'
questo dunque il premio dei giusti?
-
No, no! Qui siamo in un luogo ove non si godono i beni eterni.
-
Sono naturali tutte queste cose?
-
Sì, abbellite però dalla potenza di Dio.
-
A me sembrava che questo fosse il Paradiso!
-
No, no, no! Nessun occhio mortale può vedere le bellezze eterne.
-
E voi dunque che cosa godete in Paradiso?
-
Dirtelo è cosa impossibile. Quello che si gode in Paradiso, non vi è uomo
mortale che possa saperlo, finché non sia uscito di vita e riunito al suo Crea-tore.
Si gode Iddio! Ecco tutto... Fa' pre-sto a domandarmi ciò che desideri sa-pere,
poiché le ore passano e potrebbe fi-nire il tempo che mi è concesso per par-larti
e non potresti più vedermi. -
Savio
mostrò un magnifico mazzo di fiori, che teneva in mano. Vi erano rose, viole,
girasoli, genziane, gigli, semprevi-ve ed in mezzo ai fiori spighe di grano. Me
lo porse e poi disse: Osserva!
-
Vedo, risposi, ma non capisco!
-
Questo mazzo di fiori presentalo ai tuoi figli, perchè possano offrirlo al Si-gnore.
La rosa è simbolo della carità, la viola dell'umiltà, il girasole
dell'ubbidienza, la genziana della penitenza e del-la mortificazione, le spighe
della Comu-nione frequente. Il giglio indica quella bella virtù, della quale
sta scritto « Sa-ranno come gli Angeli di Dio in Cìelo»; è la purezza. Le
virtù devono durare sem-pre: la perseveranza.
-
Orbene, mio caro Savio, dimmi: Tu che hai praticato queste virtù in vita, quale
cosa più ti consolò in punto di morte?
-
Quale ti pare possa essere?
-
Forse l'avere conservata la bella virtù della purezza?
-
Eh, no! Non è questo solo.
-
Forse ti rallegrò l'aver la coscienza tranquilla?
-
E' già una buona cosa; ma non è ancora la migliore.
-
Sarà stato dunque tuo conforto la speranza del Paradiso?... Sarà l'aver fat-to
opere buone?
-
No, no!... Ciò che più mi confortò in punto di morte fu l'assistenza della
potente ed amabile Madre del Salvatore. Maria Santissima. E questo dillo ai tuoi
figli! Che non dimentichino di pregarla finchè sono in vita! Ora fa' presto, se
vuoi che possa ancora risponderti. -
Gli
domandai qualche cosa degli av-venimenti futuri riguardo a me, riguar-do alla
Congregazione Salesiana ed al Papa. A tutto mi rispose. Dopo di cìò, io stesi
le mani per afferrare quel santo fi-gliuolo, ma le sue membra sembravano aeree
e nulla io strinsi.
-
Che fai? - mi disse sorridendo.
-
Temo che tu mi sfugga... Ma tu non sei qui con il tuo corpo?
-
No. Lo riprenderò un giorno.
-
Ma che cosa sono allora queste tue sembianze? Io vedo proprio in te la figu-ra
di Domenico Savio!
-
Vedi, quando l'anima si fa vedere a qualche mortale, conserva la sua for-ma ed
apparenza esterna, con tutte le fattezze del corpo stesso, come quando viveva
sulla terra, e così, sebbene gran-demente abbellite, le conserva finché ad
esso non sia riunita nel giorno del giudizio universale. Allora lo terrà seco
in Pa-radiso. Perciò ora ti sembra che io abbia mani, piedi, corpo, ma tu non
potresti fermarmi, essendo io puro spirito. E' que-sta forma che mi fa
riconoscere.
-
Ho capito! Dimmi ancora: I miei giovani sono tutti sulla buona strada?
-
I figli che la provvidenza ti ha affi-dati, si dividono in tre classi. -
Mi
consegnò tre elenchi: Il primo de-gli «Invulnerati», di coloro cioè che mai
hanno commesso il peccato grave; il se-condo dei «Vulnerati», di quelli che
han-no peccato mortalmente e poi si sono ri-messi in grazia di Dio; il terzo
elenco era, degli «Stanchi nella via dell'iniquità», di coloro che
attualmente sono in disgrazia di Dio. Io conosco questi nomi, ma in pubblico non
ne faccio menzione; chia-merò privatamente gl'interessati. Dome-nico Savio mi
disse dopo: Sàppiane fare profitto; ma ricordati del mazzolino che ti ho dato.
- Ciò detto, Domenico si ri-tirò in mezzo ai suoi compagni e cessò
l'apparizione.
* *
*
Quindici
anni di vita santa ed un'eter-nità di gloria! Piccoli sacrifici per tene-re a
freno le passioni ed una felicità eterna!
Si
pensi dunque a vivere secondo gl'in-segnamenti del Divin Maestro. Se qual-che
sacrificio bisogna imporsi per osser-vare bene la legge di Dio, si faccia ciò
generosamente, ricordando il premio e-terno promesso ai giusti!
Tesoreggiare
per la vita eterna, ad imitazione del nostro Santo e preferire qualunque
disgrazia, anziché macchiare la propria coscienza! Ecco il motto che San
Domenico Savio lascia al mondo
La morte, ma non peccati!
FINE
PENSIERI MENSILI
GENNAIO
Il nome di Dio, tre volte Santó, è di continuo oltraggiato. E' dovere dei figli riparare l'onore del Padre.
Pratica: Ascoltare qualche S. Messa, durante la settimana, e possibilmente comunicarsi, in riparazione delle be-stemmie.
Giaculatoria:
Gesù, ti benedico per quelli che ti maledicono!
La
profanazione della festa ferisce il Cuore di Dio, il quale è geloso del suo
giorno.
Pratica:
Badare che nelle feste nessu-no dei familiari trascuri la Messa o com-pia
lavori materiali.
Giaculatoria:
Gloria, omaggio, adora-zione all'infinita ed augustissima Trinità!
Chi
si comunica in disgrazia di Dio, dà a Gesù il bacio del tradimento, come
Giuda.
Pratica:
Comunicarsi con frequenza e devotamente, per riparare le Comunioni sacrileghe,
che si sono fatte e si faranno nel corso dei secoli.
Giaculatoria:
Gesù, Vittima Eucaristi-ca, perdona e converti le anime sacrile-ghe!
Di
ogni parola oziosa si darà conto a Dio nel giorno del giudizio. Quante pa-role
si dicono, non solo oziose, ma anche peccaminose!
Pratica:
Controllare ciò che si dice
e specialmente frenare la lingua nei mo-menti d'impazienza.
Giaculatoria:
Perdonami, o Dio, i pec-cati di lingua!
La
purezza di cuore e di corpo apporta gioia, dà gloria a Dio, attira lo sguardo e
la benedizione di Gesù e della Vergine Santissima ed è preludio di eterna
gloria.
Pratica:
Rispettare il corpo come vaso sacro; custodire la mente ed il cuore.
Giaculatoria:
Scenda, o Signore, il tuo Sangue sopra di me per fortificarmi e so-pra il
demonio impuro per abbatterlo!
I tre quarti dell'umanità sono fuori della Chiesa Cattolica. E' dovere dei fe-deli riparare ed affrettare l'avvento del Regno di Dio nel mondo.
Pratica:
Fare ogni giorno un'Ora di Guardia al Sacro Cuore per gli ebrei, gli eretici e
gl'infedeli.
Giaculatoria:
Cuore di Gesù, venga il tuo regno nel mondo!
Lo
scandalo della moda e la libertà delle spiagge sono il fomite della concu-piscenza.
Guai a chi dà scandalo, perché darà stretto conto a Dio dei suoi peccati e
degli altrui!... Ah, che pena! Si preghi, si soffra, si ripari!
Pratica:
Offrire ogni giorno cinque pic-coli sacrifici, per riparare gli scandali della
moda e delle spiagge.
Giaculatoria:
O Gesù, scenda il tuo Sangue a distruggere gli scandali del mondo!
Quanti peccatori, sul letto di morte, sfuggirebbero all'inferno, se si pregasse e si soffrisse per loro!
Pratica:
Offrire delle S. Comunioni
per i peccatori ostinati moribondi.
Giaculatoria:
O Gesù, per la tua ago-nia sulla Croce, abbi pietà dei moribondi!
Le
lacrime della Madonna, versate sul Calvario, sono preziose davanti a Dio. Poco
si pensa ai Dolori della Beata Ver-gine!
Pratica:
Offrire ogni giorno un piccolo sacrificio, in onore dei Dolori della Ver-gine.
Giaculatoria:
Eterno Padre, vi offro le lacrime della Madonna, per me e per il mondo intero!
Il
Santo Rosario è il parafulmine del-l'anima nostra, della famiglia e della so-cietà.
Pratica:
S'introduca la pratica del Ro-sario ove non c'è; se ne faccia la recita con
devozione e possibilmente in comune.
Giaculatoria:
Angioletto mio, vai da Maria! Di' che saluti Gesù da parte mia!
NOVEMBRE
Gli
scandali televisivi e della stam-pa cattiva oltraggiano la Divinità, atti-rano
maledizioni sul mondo, popolano l'inferno di dannati e preparano un lun-go e
terribile Purgatorio a molte anime, lente a distaccarsi da certi godimenti.
Pratica:
Distruggere la stampa cattiva di cui si fosse in possesso ed estendere
quest'apostolato nell'ambito delle cono-scenze.
Giaculatoria:
O Gesù, per il sudore di Sangue nel Getsemani, pietà di chi se-mina gli
scandali!
Molti
si rivolgono a Dio per il perdono dei peccati; non tutti però vogliono e sanno
perdonare le offese. Chi non per-dona, non avrà perdono!
Pratica:
Troncare ogni odio e ricam-biare il male con il bene.
Giaculatoria:
Benedici, o Gesù, chi mi ha offeso e perdona i miei peccati!
Maria
Santissima viene onorata dai fe-deli, non solo con la pratica dei Primi Cinque
Sabati di mese, ma anche con i Quindici Sabati consecutivi. Quante grazie
elargisce la Regina del Cielo a coloro che la onorano nei Quindici Sa-bati! (adesso
dal 2008 sono ... 20 e non 15)
Come
"si vede, in questa devozione c'è stato un crescendo sempre maggiore.
Si
potrebbe domandare: Perché non onorare anche il Sacro Cuore con la pra-tica
dei Quindici Venerdì consecutivi? Forse Gesù non merita un ossequio si-mile a
quello della Madre sua Santis-sima? Forse e meno fruttuosa alle ani-me la
devozione dei Quindici Venerdì?
Tutt'altro!...
Gesù merita, quanto la Ma-donna e più ancora. Egli è fonte di ogni tesoro,
fonte alla quale attinge la stessa Regina del cielo.
Si
dirà: Non bastano i Nove primi Venerdì di mese? Perché aggiungerne altri?
Nel
bene non c'è limite. La Comunio-ne riparatrice del Primo Venerdì con-sola
tanto il Cuore di Gesù; e poiché in questi tempi le offese a Dio si molti-plicano
oltre ogni credere, è conveniente moltiplicare le Comunioni riparatrici.
Da
relazioni pervenute mi consta che Sacerdoti e fedeli hanno preso con slan-cio
la devozione dei Quindici Venerdì. è ormai grande il numero di coloro che
iniziano il turno delle Comunioni e molte sono le grazie che si ottengono. Son
ve-nuto a conoscenza di tanti favori spe-ciali, accordati dal S. Cuore:
guarigioni, collocamenti a lavoro, riuscita nei con-corsi, ritorno della pace
in famiglia, con-versioni di peccatori...
Questa
devozione, che in poco tempo ha varcato i confini d'Italia, già si dif-fonde
in tutto il mondo. Il manuale è tradotto in altre lingue: francese, ingle-se,
spagnolo, portoghese.
Ogni
giorno nella Messa prego per co-loro che s'interessano di promuovere que-sta
pratica.
Rivolgo
la parola ai miei fratelli nel Sacerdozio.
-
Siamo noi, o fratelli, i Ministri del Sommo Iddio sulla terra. Le anime che ci
sono affidate dalla Provvidenza, indi-rizziamole al Sacro Cuore e spingiamole
alla riparazione.
D'ordinario
i fedeli ci seguono nelle iniziative sante. Dunque, tutto sta ad avere zelo
nell'esercizio del nostro sacro ministero.
Il
presente opuscolo può servire di guida nella pratica dei Quindici Venerdì.
Quante grazie largirà il buon Gesù a quei Sacerdoti, che si faranno promoto-ri
di tanto bene!
Gesù
disse a Santa Margherita Alaco-que: Il nome di coloro che diffonderan-no la
mia devozione, sarà scritto nel mio Cuore e non verrà cancellato giammai!
Voi,
o anime pie, desiderate che il vostro nome sia scritto nel Divin Cuore?
Diffondete la devozione dei Quindici Ve-nerdì! Parlatene in famiglia e tra i
co-noscenti! Propagate foglietti e pagelline, che istruiscono sul modo di
santificare questi Venerdì.
L'apostolato
di tale devozione vi ren-derà care a Gesù e le divine tenerezze si
riverseranno sul vostro cuore.
Lo
scopo principale dei Quindici Ve-nerdì è di rendere onore e riparazione al
Cuore di Gesù.
Adunque,
uno dei mezzi più efficaci per impetrare i divini favori, è il pro-mettere di
cominciare con fede ed amo-re i Quindici Venerdì consecutivi. Tut-te le
grazie si possono domandare con le Comunioni riparatrici, tanto le spiri-tuali
quanto le temporali.
Riguardo
a ciò che si chiede a Dio, si noti quanto segue:
Se
il favore che si domanda e confor-me ai voleri di Dio, e quindi utile al-l'anima,
la grazia verrà; se tardasse a venire, si ripeta un'altra serie di Quin-dici
Venerdì, in conformità a quello che disse Gesù: Battete e vi sarà aperto;
chiedete e vi sarà dato.
Se
la grazia che si desidera, non è per il momento utile all'anima, in tal caso
Iddio darà un'altra grazia, che for-se sarà maggiore di quella aspettata.
Chi
inizia la pratica dei Venerdì, pro-curi di vivere in grazia di Dio e se per
caso cadesse in grave peccato, si rialzi subito, perché se l'anima non è
nell'ami-cizia di Dio, non può pretendere di rice-vere i divini favori. (...)
Il
primo turno dei Quindici Venerdì comincia verso la metà del mese di mar-zo,
per finire l'ultimo Venerdì di giugno.
il secondo turno comincia verso la metà di settembre e si chiude l'ultimo Venerdì dell'anno.
I
due turni si facciano con solennità nelle Parrocchie, nelle Rettorie e negli
Istituti Religiosi.
Ciascuno,
privatamente, può compie-re la serie dei Quindici Venerdì in qua-lunque
periodo dell'anno. Quando però si aspettano grazie importanti, e consi-gliabile
che diverse persone svolgano la pia pratica assieme, servendosi dell'ap-posito
manuale.
In
casi urgentissimi si possono fare quindici Comunioni di seguito, cioè si compie
la pratica in due, settimane.
Chi
per impedimento o per, dimenticanza non potesse comunicarsi in qual-che Venerdì,
potrebbe supplire in un giorno qualsiasi, prima che giunga l'al-tro Venerdì.
Quando
coincide il Primo Venerdì del mese, la Comunione soddisfa all'una ed all'altra
pratica.
Tutti
i Venerdì, per quindici settima-ne, si riceva la Santa Comunione in ri-parazione
delle offese che si fanno a Dio.
Non
occorre confessarsi volta per vol-ta che ci si comunica; è necessario tro-varsi
in grazia di Dio.
Si
raccomanda di far bene la Santa Confessione, cioè:
1)
Non nascondere per vergogna qual-che grave peccato;
2)
Detestare tutti i peccati mortali.
3)
Promettere di fuggire le occasioni prossime del peccato.
Se
la Confessione mancasse di qual-cuna di queste tre condizioni, divente-rebbe
sacrilega, come pure sarebbe sa-crilega la Santa Comunione.
Ad
ogni Venerdì e suggerito un fioret-to settimanale: si pratichi fedelmente. Le
anime generose, allorché ricevono qualche grazia, non dimentichino di es-sere
riconoscenti al Cuore di Gesù; un ottimo ringraziamento potrebbe essere il
rifare i Quindici Venerdì.
I
bisogni di ognuno sono molteplici. Con i Quindici Venerdì si può chiedere
qualunque grazia; però le grazie più im-portanti, e forse meno richieste,
sono quelle spirituali.
Si
raccomanda di chiedere al S. Cuo-re specialmente le grazie qui elencate:
1)
Sapere scegliere lo stato della vita, in conformità ai voleri di Dio.
2)
Avere la forza di fuggire qualche occasione di peccato.
3)
Poter morire coi Santi Sacramen-ti, in grande serenità di spirito.
4)
Ottenere la pace nella famiglia.
5)
Trovare un buon compagno o una buona compagna della vita, cioè poter fare un
fidanzamento morale e religioso. Chi domanda questa grazia, assai impor-tante,
prometta a Gesù di passare san-tamente il periodo del fidanzamento.
6)
Dare suffragio ai defunti. è un ot-timo mezzo per refrigerare i propri Morti,
poiché Gesù, consolato con tante Co-munioni Riparatrici, in cambio console-rà
le Anime del Purgatorio.
7)
Ottenere la provvidenza necessaria in famiglia, col trovare qualche posto di
lavoro...
8)
Riuscire in qualche esame impor-tante, specie nei concorsi.
9)
Impetrare la pace del cuore e la serenità nella vita spirituale.
10)
Convertire anime peccatrici. La conversione di qualche persona e la gra-zia più
importante e più difficile; spes-so conviene ripetere i turni dei Quindi-ci
Venerdì. In tal modo diminuisce la forza di Satana ed aumenta la grazia di Dio
sino al completo trionfo.
Fioretto
- Durante la settimana di-re spesso, possibilmente al suono delle ore: Sia
lodato e ringraziato ogni mo-mento, il Santissimo e Divinissimo Sa-cramento!
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione dei
sacrilegi eucari-stici.
Fioretto
- Esaminare la coscienza, per vedere come si siano fatte le con-fessioni. Se
sarà necessario, si faccia una Confessione più accurata del solito, come se
fosse l'ultima della vita, come se si stesse sul letto di morte.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione dei
sacrilegi della Confessione.
Fioretto
- Sentendo qualche bestem-mia,
dire: « Dio sia benedetto! » oppure « Signore, ti benedico per quelli che ti
maledicono ».
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione delle
bestemmie.
QUARTO
VENERDì
Fioretto
- In ogni contrarietà o sof-ferenza, dire: Signore, sia fatta la vo-stra
volontà! Accettare questa croce a bene dei peccatori!...
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per la conversione dei
peccatori.
QUINTO
VENERDì
Intenzione
della S. Comunione
RIPARARE
PER I PECCATI DI ODIO
Fioretto - Perdonare le offese per amore di Gesù e fare la pace con chi ab-biamo nutrito rancore.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per coloro che durante
la vita ci hanno offeso.
SESTO
VENERDì
Fioretto
- Custodire bene la purez-za:
nelle azioni, negli sguardi e nei pen-sieri.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per riparare Gesù delle
disonestà che si commettono nel mondo.
SETTIMO
VENERDì
Fioretto
- Se qualche persona o qualche famiglia fosse motivo di pecca-to o di scandalo,
per amore del Cuore di Gesù troncare con essa ogni relazione.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater: Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per riparare Gesù degli
scandali che ricevono i piccoli.
Fioretto
- Fuggire la conversazione
immorale e rimproverare chi parlasse scandalosamente.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione dei
discorsi scandalosi.
Intenzione della S.
Comunione
Fioretto
- Distruggere al più presto la stampa cattiva che si trovasse in fa-miglia.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater; Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione del male
che produ-ce la stampa cattiva.
DECIMO
VENERDì
Fioretto
- Privarsi dei divertimenti mondani, ove ci sia pericolo di offende-re Gesù,
ed esortare gli altri a fare al-trettanto.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione dei
peccati che si fanno nei cinema, nelle danze e nelle spiagge.
UNDICESIMO
VENERDì
Fioretto
- Fare attenzione affinché
in famiglia nessuno profani il giorno fe-stivo.
Recitare
ogni gicrno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per riparare i peccati
che si com-mettono nella festa.
DODICESIMO
VENERDì
Fioretto
- Dire spesso: Eterno Pa-dre,
vi offro il Sangue preziosissimo di Gesù Cristo in isconto dei miei peccati e
di quelli dell'umanità!
Recitare ogni giorno: Cinque Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per la conversione di coloro che stanno nelle carceri.
TREDICESIMO
VENERDì
Fioretto
- Non pensare male degli
altri, non mormorare e non fare male ad alcuno.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per riparare Gesù dei
peccati d'in-giustizia.
QUATTORDICESIMO
VENERDì
Fioretto
- Scegliere un giorno fisso per tutte le settimane, e riparare il Cuo-re di Gesù
per i peccati propri e per quelli della famiglia.
Recitare
ogni giorno: Cinque
Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, in riparazione dei
peccati della pro-pria famiglia.
QUINDICESIMO
VENERDì
Fioretto
- Ogni sera, prima di pren-dere riposo, rivolgersi questa domanda: Se questa
notte venisse la morte, come si troverebbe l'anima mia? - Se la co-scienza
rimorde qualche grave peccato, facciamo un atto di dolore perfetto, pro-mettendo
di confessarci al più presto.
Recitare ogni giorno: Cinque Pater, Ave, Gloria, in onore delle cinque Pia-ghe, per i moribondi della giornata. (don Giuseppe Tomaselli)
*
* *
BATTAGLIA E... SCONFITTA
Una
persona è intenta a lavorare nella sua stan-zetta. D'un tratto, ecco farsi
avanti il demonio, in modo invisibile ma reale. Egli presenta alla fanta-sia
delle scene di peccato; mia esse son subito re-spinte. Fallito il primo colpo,
il demonio tenta il secondo e più forte. Ripresenta le stesse immagini, ma a
colori più vivi ed attraenti. L'anima dovrebbe subito ricorrere a Dio con umiltà,
senza fermarsi a discutere con il maligno; ma disgraziatamente pre-sume di se
stessa e si ferma volontariamente a con-templare la tentazione.
Ottenuto
ciò, il demonio va avanti e dice: Perchè, o anima, non metti in pratica quanto
pensi? - Non posso; Dio me lo proibisce! - Ma che male fai del resto? Non sei
forse libera della tua volontà? Ac-consenti adunque! - Temo che Iddio mi
castighi! - E tu non sai che Dio è buono e compatisce l'umana miseria? - E'
vero, ma so anche che Egli è giusto e terribile punitore della colpa! - Va
bene; però di raro punisce la colpa! Del resto te ne confesserai! - E se mi
mancasse il tempo? - Non sei di certo sul letto ci morte! -
Durante
questa lotta, la mente si è offuscata e la volontà, resa debole, cede infine
alla tentazione. La misera creatura pensa d'aver trovata la feli-cità; ma dopo
pochi istanti sente tutta l'amarezza del peccato; sa di essere sola nella
stanza; eppure guarda attorno temendo di vedere qualcuno; ha paura di
presentarsi ad altri, quasi il peccato le si potesse leggere in fronte; il
rimorso le fa sentire la sua terribile voce. - Adamo, Adamo, che cosa hai fatto?
- disse Dio al primo uomo dopo la colpa. Ed ora lo stesso rimprovero si ripete a
te, o anima infelice, che sei caduta in peccato!
* * *
Sant'Alfonso,
Dottore di Santa Chiesa, dice:
«Se
Dio castigasse subito chi l'offende, non si vedrebbe di certo ingiuriato come
ora si vede; ma poiché il Signore non ca-stiga subito, i peccatori pigliano
animo a peccare di più. E' bene sapere però che Dio non aspetta e sopporta
sempre; come Egli tiene fissato per ciascun uomo il numero dei giorni di vita,
così tiene anche deter-minato a ciascuno il numero dei peccati che vuol
perdonargli; a chi cento, a chi dieci, a chi uno. Vi è chi trovasi nell'inferno
per un solo peccato.
«Quanti
vivono molti anni nei peccati; ma quando termina il numero delle colpe fissato
da Dio, sono colti dalla morte e van-no all'inferno».
Anima
cristiana, non aggiungere peccato a peccato! Tu dici: Dio è misericordioso! -
Eppure, con tutta questa misericordia, quan-ti ogni giorno vanno all'inferno!
* * *
Dove
si trova?
Nelle
scuole, nei laboratori, nel vicinato e nella stessa parentela.
Chi
vuole salvare l'anima sua, fugga, fugga presto, fugga energicamente i cattivi
compa-gni, non tenendo conto dell'amicizia o della parentela!
Poni
mente, o anima cristiana, a quanto sto per dirti: Chi non ha volontà di fuggire
la cattiva compagnia, quando questa è occa-sione prossima di grave peccato, e
si accosta alla Santa Confessione, non solo non riceve il perdono dei peccati,
ma commette sacrilegio volta per volta che si confessa.
* *
*
Se
Domenico Savio avesse frequentato catti-vi compagni, oggi la Chiesa non avrebbe
un sì grande Santo!