ORA
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1.
Il fatto dell' agonia
Gesù ha istituita 1' Eucaristia, ha dato agli Apostoli il suo testamento di carità, ha innalzato al Padre la sublime e commoventissima preghiera per gli Apostoli e per noi; forte nelt' amore s'incammina all'Oliveto.
Entrato nell'orto di Getsemani, si stacca dagli altri apostoli, e coi tre fidi, Pietro, Giacomo e Giovanni, si inoltra più avanti.
Per
un mistero che conosceremo solo in Paradiso, Gesù comincia a sentire una
mestizia, una paura, un tedio, che lo farebbero morire, se la divinità non lo
sorregesse. E dice ai tre: « L'anima mia è triste fino alla morte; vegliate
meco: pregate per non cadere nella tentazione ». Con uno strappo doloroso del
Cuore, si stacca dai tre, e, solo, s'inoltra là dove più folti eran gli ulivi.
Cade ginocchioni, e poi bocconi a terra, comincia l'agonia, e nell'agonia prega:
« Padre, se è possibile, passi da me questo calice: tuttavia si faccia non la
mia, ma la tua volontà ». Si commossero le celesti gerarchie di compassione
per il loro Re, e un Angelo, il più fortunato di loro, ebbe dal Padre il
soavissimo incarico di scendere a confortare Gesù. Lo sollevò, gli disse
parole arcane di conforto. Ma 1'agonia continuava atroce ed opprimente.
Rinnova lo scongiuro al Padre: un sudor di sangue gli bagna la fronte e le
guance, gli intride le membra e le vesti, e scorre fino a bagnare le zolle del
giardino. Non ne può più, e va dai tre fidi a mendicare un conforto. Ohimè!
sono addormentati. Li sveglia: chiama Pietro in particolare, e dice: « Simone,
anche tu dormi? Non avete potuto vegliare un'ora
con me? Su, dunque, vegliate e pregate... ». Torna soletto al luogo
di prima: con gemito divino ripete la stessa preghiera, di scongiuro e di
rassegnazione. Torna agli Apostoli, che sono addormentati, così da non saper più
cosa rispondere all'amorevole richiamo del Maestro. Si ritira e per la terza
volta ripete la preghiera, rinnova l'accettazione rassegnata della volontà
del Padre.
Ma
ormai era l'ora segnata; da lungi già si sentiva l'avanzarsi della masnada per
catturarlo. Si leva, viene ai discepoli dormenti e dice: « E' giunta l'ora,
ecco che il Figliuol dell'uomo sarà consegnato ai peccatori. Levatevi,
andiamo, il traditore è vicino». Ancor parlava Gesù, e Giuda, in
atteggiamento sinistro e losco di perfido e sacrilego traditore, era già
dappresso, e ratto gli stava per dare il bacio convenuto per la cattura.
Accompagniamoci
cogli Apostoli e seguiamo il Maestro divino Gesù. Invece di addormentarci,
vegliamo a Lui dappresso. Contempliamo quel viso mesto, quelle membra tremanti,
quell' atteggiamento sconsolato; vediamo come si prostra, e gemente supplica
il Padre suo. In quel momento Gesù si sente responsabile dei nostri peccati;
quindi si sente come maledetto. Lui, Innocenza increata, si sente come
peccatore.
Adoriamolo,
vero Dio e vero Uomo, in preda alla paura, alla più terribile desolazione;
derelitto da tutti, dagli Apostoli, dall' Umanità; intriso di sudor
sanguigno... Adoriamolo orante; adoriamo quel Cuore divino, purissimo e
innocentissimo, oppresso sotto il torchio di ineffabile dolore.
Oh!
fra tutte le creature fortunatissimo quell'Angelo che si fe' dappresso a Gesù:
lo sollevò, gli asciugò il viso adórabile, gli sussurrò divini accenti di
conforto. Lo adorò come suo Creatore, adorò in Lui la Natura e la Persona
divina, la natura umana in quella sussistente, il cuore, il corpo; Gli offrì le
adorazioni della Corte Celeste, dolente di non poter sostituirsi a Lui
nell'opprimente Passione.
Inginocchiamoci
appresso a Gesù, tocchiamo colle dita le sue guance sanguinose e segnandoci
colla croce, lodiamolo, benediciamolo, adoriamolo, con fede, compassione ed
amore.
Dalla
scena dolorosa del Getsemani rivolgiamo i nostri occhi, la nostra pietà al
santo Tabernacolo; vi troviamo il medesimo divino agonizzante Gesù. Nella
solitudine, nell'abbandono Eucaristico Gesù continua l'agonia del Getsemani.
Quegli stesso che il
timore,
il tedio, la tristezza, la desolazione hanno prostrato nel giardino degli
Ulivi, nascosto sotto il velo delle sante specie, non ha più nè aspetto, nè
voce, nè apparenza d'uomo, è umiliato ed esanimato. Intorno a Lui che vive,
prega e s'immola, i nemici cospirano, gli amici dormono e Gesù non può neppur
alzar la voce a chiedere conforto. Continua la sua preghiera con gemiti
inenarrabili in tutte le Ostie consacrate del mondo, in questo divin
Tabernacolo, ripetendo anche a noi: « vegliate e pregate con me ».
Sì,
o Gesù, o divino agonizzante, ti siamo vicini, vigilanti ed oranti. In questa
ora vogliamo essere gli Angeli tuoi adoratori, consolatori, nell'amore e nel
dolore. Ti riconosciamo, o divin Verbo, bellezza eterna velata di mestizia, potenza
infinita annichilita nell'oblio ; ti adoriamo vero Dio e vero Uomo, Salvatore
e Signore nostro ! Uniamo la nostra preghiera alla tua, teco benedicendo il
Padre e lo Spirito Santo, col quale vivi e regni nello splendor del Cielo e nel
silenzio dell' Eucaristia.
II.
I fini dell' agonia
L'
agonia del Getsemani è un vero mistero di dolore e di amore che ci sarà noto
solo in Paradiso. Il Verbo Incarnato si sente eguagliato ad un peccatore. Sente
paura, tedio e tristezza; suda sangue; prega che si allontani da Lui un
calice di Passione e poi lo accetta. Perchè tanta umiliazione, tanta pena,
tanto martirio?
Innanzi
tutto per espiazione. Gesù vedeva i peccati passati, presenti e futuri
gravitare sopra di Lui, come sopra vittima responsabile ed espiatoria. Nella sua
chiaroveggenza divina Gesù aveva davanti, sentiva pesare sul suo Cuore tutti i
delitti ed i sacrilegi dell'umanità, i peccati di senso e di intelletto, di
fragilità e di malizia, commessi dal principio e che si commetterebbero
sino alla fine del mondo; le bestemmie, le disonestà, gli scandali, le
apostasie e le vergogne degli individui e dei popoli; l'abuso della sua
Redenzione; la guerra che si sarebbe mossa al suo Cuore, alla sua Croce, alle
sue Anime. Gesù vince la ritrosia sensibile e si offre pronto a soddisfare la
divina giustizia per tutti i peccati; tutti li accetta e per tutti si dichiara
mallevadore.
Secondariamente
Gesù agonizza per dare a noi conforto nella tribolazione. Egli aveva assunto la
nostra umanità con tutte le sue miserie e debolezze per divenire misericordioso
(Ebr. II, l7). Gesù nell'agonia lascia che la natura umana effettivamente segua
le sue leggi e il suo corso; vuol sentire il tedio, lo spavento, la
ripugnanza, lo scoraggiamento, per soffrirli santamente.
In
terzo luogo Gesù vuol darci esempio di rassegnazione nel dolore. Vuol
insegnarci che non è male sentire le ripugnanze della natura e che non è
male il supplicar Dio perchè allontani da noi una tribolazione: ma che alla
carne deve prevalere lo spirito; che pur gemendo e dolorando, dobbiamo
riconoscere ed adorare le divine disposizioni, dichiarandoci pronti a tutto
soffrire per amore del nostro benedetto e divino Signore.
In
quarto luogo, Gesù volle darci esempio di preghiera umile, rassegnata, ardente,
perseverante, conforme in tutto ai divini voleri. Nell'agonia Gesù ha voluto
far suoi i gemiti nostri, rendere efficaci le nostre preghiere quando sono
modellate sulla sua.
Quante
finezze d'amore in Gesù agonizzante. Egli non ci appare il Dio sempiterno,
superiore ad ogni miseria umana; ci appare il Verbo Incarnato simile a noi,
modello a tutti ed a ciascuno di noi, nell'espiazione, nelle sofferenze, nella
rassegnazione, nella preghiera. Gesù nell'agonia pensava a me, pregava per
me, santificava i dolori miei, meritava per me!
E
perchè queste grazie possano giungere a me nella loro pienezza, le ha deposte
nel Sacramento dell'amor suo. Nella vita di annientamento Eucaristico, Gesù
è vittima che continua la sua espiazione pei peccati del mondo; è divino
consolatore che versa nelle anime tesori di fortezza e di pace; è divino
prigioniero che per noi, sofferenti e deboli, continua la sua preghiera,
implorandoci rassegnazione generosa; è divino orante che fa sue le preghiere
e le suppliche nostre, per offrirle al Padre degne di esaudimento. Nella S.
Messa, nella S. Comunione, nella permanenza sui santi Altari, Gesù è il divino
nostro modello, amico, avvocato nell'espiazione e nella preghiera.
Comprendo,
o mio Gesù, i fini santissimi della tua agonia; ti ringrazio di tanta
generosità, finezza e delicatezza divina. A te vengo ora, a te verrò sempre
nell'ora
della colpa, della tristezza e delle tenebre. Tu mi insegnerai ad
espiare, a soffrire a rassegnarmi, a pregare. Con te e per te sarà d' ora
innanzi ogni mia pena, ogni mia preghiera. Nell'ora dolorosa mi sarà famigliare
I' orazione tua « o Padre, se è possibile, passi da me questo calice; tuttavia
si faccia non la mia, ma la tua volontà! ».
III.
Le cause dell'agonia
Penetriamo
ancor meglio nel cuore di Gesù agonizzante per scoprire ed intendere le cause
di tanto suo patire. Cause prossime dell'agonia di Gesù nel Getsemani furono la
volontà del Padre, l'imminenza della Passione, l'abbandono degli Apostoli.
Il
Padre suo era divenuto il Dio suo giudice e suo vindice.
Mentre
l'umanità di Cristo godeva l'intima comunione di beatitudine col Padre, perchè
sussisteva nella Persona del Verbo consostanziale al Padre, per mistero di
dolore sentiva scendere sopra di sè tutti i rigori della divina giustizia
irritata. Il Padre, giustamente sdegnato, a Gesù chiedeva espiazione. E
l'espiazione incombeva terribile su Gesù, che sentiva iniziarsi la Passione coi
tormenti fisici, coll'ignominia morale, colla sofferenza spirituale. L'umanità
santa di Cristo nell'agonia simultaneamente provava le pene della Passione che
si sarebbe svolta nelle ore successive.
Gli
Apostoli, pochi momenti prima da Lui consacrati Sacerdoti, cibati delle sue
stesse Carni e del suo Sangue divino, dormivano : scossi e richiamati, non
si davano per intesi. Gesù era solo nel suo dolore.
Ma
altre cause più intime rendevano atroce quell' agonia: la turpitudine
dei
peccati, la pena di sconto, l'inutilità della Redenzione per molti. Gesù in
quel momento era la vera vittima dei nostri peccati (II Cor., c. V. 21).
Sostituitosi ai peccatori, era divenuto come un peccatore davanti al Padre suo.
La stessa santità, innocenza, purità, verità, umiltà, carità, appariva
peccato: ossia immondezza, bestemmia, menzogna, orgoglio, avarizia e tutti gli
altri peccati. Quale lotta in Gesù tra la perfezione e la degradazione! Sul
Cuor di Gesù convengono le onde fangose di tutte le malizie, ne sommergono
l'anima, ne schiantano le fibre. 1 fulmini del cielo sdegnato si riversano sopra
di Lui, che grida al Padre: « Allontana da me questo calice! ». E perchè la
volontà del Padre è legge, prostrato nella polvere, sotto il peso della
vergogna e dell'orrore, soggiunge: «Sia fatta la volontà tua ! ».
A
qual prezzo? Basterebbe una lagrima, un sospiro, una preghiera... Ma è scritto
che debba esser immolato come un agnello, che esecrata sia la sua memoria, che
alla croce Egli debba andare attraverso il tradimento, la condanna, l'ignominia,
i flagelli, le spine, la sentenza più ingiusta ed obbrobriosa. E a tal vista
Gesù raccapriccia, supplica che passi quell'uragano di dolore; ma poi tosto
vi si offre rassegnato.
Almeno
l'amor suo, il suo sacrificio fosse corrisposto e tornasse utile a tutti i figli
del Nuovo Testamento! Gesù sa e vede chiaramente che molti saranno indifferenti
e che non avranno neppure il senso della riconoscenza; per altri (Egli solo
ne conosce il numero e ne sa il nome) il Sangue suo sarebbe stato in rovina e
maledizione. Gesù prevede 1' ignavia dei suoi ministri, il tradimento di
anime rinnegate; il suo regno d' amore manomesso. Quale strazio pel Sacro Cuore
di Gesù! tormento questo assai più sensibile della Passione medesima, che lo
schiaccia sotto un torchio di dispiacere che lo fa agonizzare nello spirito, nel
cuore e nel corpo stesso. Gesù si accascia gemente" e implora
misericordia: si offre generoso al sacrificio supremo.
Nell'
Eucaristico Sacramento tali cause si ripetono e si rinnovano con ineffabile
dolore del Cuore SS. di Gesù. Egli ama, vive e spasima d'amore, continuando
nel corso dei secoli l'umiliazione della sua agonia, vivendo in mezzo ai
peccatori, portando i nostri peccati ed offrendosi vittima alla divina
giustizia per i colpevoli. Egli vede sotto i suoi occhi, alla sua medesima
presenza, moltiplicarsi i peccati, i disordini, che giungono fino alla sua
adorabile maestà velata sotto le specie Sacramentali. E' derelitto dalle
moltitudini, condannato a perpetua solitudine; deserta la Mensa, ignorato
l'Altare, fuggita la presenza, bestemmiato lo stato suo Sacramentale. Mentre
il mondo pecca ed Egli soffre, i suoi fidi dormono. Molti ministri dell'amor suo
non si preoccupano dei suoi interessi; molte, troppe anime consacrate a Lui con
vincoli di amore perenne si preoccupano solo dei loro comodi, ignorando Gesù.
O
mio dolce Signore, mio amabilissimo Gesù, agonizzante nel Getsemani e nel
Sacramento dell'amore, anch'io ho cooperato ad amareggiarti l'anima, a spezzarti
il Cuore, a farti sudar vivo sangue. Nel Calice del Getsemani v'era la mia vita
peccaminosa, vi era la mia ingratitudine, vi era la mia indifferenza per il
tuo Eucaristico Sacramento. Perdono, o Gesù! Misericordia ti prenda di me,
che finora non ti ho compreso, ti ho miseramente abbandonato. Se i miei peccati
furono la feccia del Calice che ti offriva il Padre, oh I in quel Calice c'era
pure la mia presente contrizione, l'ammenda onorevole che ora ti offro, la
promessa che solennemente ti faccio di consolare, di riparare, di
amare
il tuo Cuore amantissimo.
La
Passione di Gesù Cristo fu la salute del mondo. Ogni dolore del benedetto
Salvatore Gesù, come espiava determinati peccati, così valeva a noi un
esempio ed una grazia particolare. Nello scempio dei tribunali Gesù espiava
le nostre viltà e ci dava esempio e grazia di fortezza nella professione della
fede; nella flagellazione espiava i peccati di senso e dava a noi esempio e
grazia di purezza; nella coronazione di spine espiava i peccati di
intelletto e dava esempio e grazia di umiltà. Sulla croce espiava le nostre
malizie e ci otteneva innocenza. L'agonia fu l'espiazione delle nostre
ingratitudini, infedeltà e ribellioni al divino volere, e ci valse tre esempi e
tre grazie segnalatissime di contrizione, di preghiera e di rassegnazione.
Primo
esempio dell'agonia: la contrizione perfetta. Contemplando questo divino
agonizzante intendiamo che cosa è la malizia del peccato, quali dolori cagioni
a Gesù, a qual prezzo Egli lo abbia espiato. Piangiamo i peccati nostri non
solo per il danno che a noi recano, ma per lo strazio che procurano a Gesù.
Facciamo nostra la contrizione di Gesù, e soddisferemo la divina giustizia,
consoleremo il S. Cuore.
Secondo
esempio e frutto: la preghiera perfetta. Gesù prega con umiltà, prega
cercando solo la volontà del Padre, prega malgrado il tedio e la tristezza,
anzi la prolunga quando queste passioni sono al colmo. Prega colla voce, poi
collo stesso patire. Impariamo a pregare col cuore contrito e colla faccia
nella polvere; cerchiamo prima le grazie spirituali e poi le materiali,
subordinandole al divin beneplacito; perseveriamo pregando, anche se il Cielo
par chiuso e Dio sembra sdegnato. La preghiera più efficace è quella fatta
nell' aridità e nella pena.
Terzo
esempio e grazia: la rassegnazione. Gesù, vittima agonizzante, ci insegna che
in mezzo alle più crudeli angoscie dobbiamo abbandonarci interamente ai
diritti del nostro Creatore; anche se ci offre il Calice di passione, se
domanda il sudor di sangue, l' abiezione, una morte lenta e ignominiosa...
Egli è il Padre anche nei rigori della giustizia. Non ci vieta. di chiedergli
l'abbreviazione o la fine della prova, ma vuole che pronunciamo il fiat della
rassegnazione completa.
Nel
SS. Sacramento Gesù ci ripete gli esempi e ci appresta ancora le grazie, frutto
dell'agonia del Getsemani. Nell' Eucaristia Gesù è sempre in istato di vittima
contrita, orante, rassegnata e conformata alla volontà del Padre. Meditare,
adorare, imitare Gesù Eucaristico significa comprenderne i dolori, associarci
alle intenzioni e partecipare al suo stato di vittima.
Contrizione
abituale, vita interiore e sacrificio perenne, ecco i tre esempi, le tre
grazie che Gesù Eucaristico fa ai suoi amanti.
Ed
io invece, o mio Gesù, sono superficiale nel dolore, distratto nella preghiera,
ritroso ad ogni patire. Mio Eucaristico DioGesù, deh ! non sia sterile di
frutti per me l'agonia tua! Da oggi il mio cuore vuol essere un vero altare sul
quale arda perenne il fuoco della contrizione, della preghiera, del
sacrificio. Sarò vera vittima rassegnata, oso dire gaudiosa, nelle pene e
nelle prove della mia povera vita. (Qui ognuno faccia le sue promesse speciali).
Gesù,
che svegliasti gli Apostoli all'appressarsi del traditore, deh! siimi sempre
vicino nell'ora della prova. Fa che io mai dorma, ma sempre vegli e preghi con
te: che mia gioia sia di collaborare teco, nel dolore e nell' immolazione, alla
redenzione del mondo. Che per consolare il tuo Sacro Cuore io viva, mi
sacrifichi e muoia.
Ex
Ipso, per Ipsum et in Ipso !
(Da:
Giugno Liturgico del P. Giustino Borgonovo Artigianelli, Trento).